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Il bluff sulla prescrizione fa infuriare i grillini. Ed è rissa nell'esecutivo

L'entrata in vigore resta in forse. E la base dei 5 Stelle accusa i vertici: avete ceduto alla Lega

Il bluff sulla prescrizione fa infuriare i grillini. Ed è rissa nell'esecutivo

Roma - «Io commento quello che c'è, non quello che forse ci sarà. Il decreto sicurezza c'é, il resto ci sarà». Il sorriso e il tono irridente di Matteo Salvini la dicono ancor più lunga delle parole, e quell'avverbio dubitativo («forse») è la ciliegina sulla torta.

La agognata bandierina acchiappacitrulli della prescrizione, che i Cinque Stelle tentano affannosamente di piantare, resta ostaggio di un accordo di maggioranza scritto sull'acqua. Di cui ognuno dei contraenti dà una lettura diversa: la Lega spiega che si farà (forse) ma solo all'interno di una più vasta revisione delle regole del processo penale, che Salvini, sempre con tono sarcastico, chiama «la Grande Riforma Rivoluzionaria Coraggiosa e Storica», ben sapendo che per approvarla c'è meno di un anno di tempo, e che il ministro titolare non sa neppure da che parte cominciare. I Cinque Stelle giurano che invece si farà comunque e a prescindere.

Così la rissa dentro il governo si fa esplicita, con la ministra della Funzione pubblica Giulia Bongiorno (Lega), che per prima aveva dato lo stop alla prescrizione, «bomba atomica sui processi», ad assicurare che ora la bomba è «disinnescata» dalla «clausola di collegamento» con la riforma che dovrebbe ridurre «le proroghe infinite delle indagini e la lunghezza dei processi». Mentre il ministro della Giustizia Bonafede la smentisce a stretto giro di posta: «Non c'è collegamento con altre leggi. La prescrizione entrerà in vigore comunque a gennaio. Anche se, ipotesi che neanche prendo in considerazione, cadesse il governo». Il grillino Guardasigilli dice di non prenderla in considerazione, ma è proprio quella l'ipotesi che tormenta i sonni di Luigi Di Maio, e lo tiene prigioniero di un sempre meno remissivo Salvini: il vicepremier grillino sa che - caduto questo governo - il suo giro di giostra finirebbe, e che la Lega - a differenza dei Cinque Stelle - ha dalla sua parte i sondaggi e pure una potenziale maggioranza alternativa di centrodestra. Quindi è costretto a sorridere a dentini stretti e a ingoiare compromessi al ribasso, assicurando che tutto va bene, che l'accordo c'è e lo «soddisfa totalmente», glissando sui suoi termini.

Ma la base grillina e i referenti di quel mondo ribollono: bastava vedere ieri il titolo dell'organo ufficioso dei Cinque Stelle, il Fatto: «Si è prescritta la prescrizione», e leggere sul sito i commenti furibondi degli utenti filo-grillini, che accusano lo stato maggiore di «cedimento» alla Lega, di aver «calato le braghe per mantenere la poltrona», di essersi fatti «imbrogliare» e così via. Per non parlare degli anatemi lanciati da fiancheggiatori di M5s come il magistrato Davigo, già ispiratore di Bonafede ma delusissimo dall'accordo di maggioranza; o quelli dell'ex capogruppo grillino Colletti: «L'accordo sulla prescrizione? Una cagata pazzesca». Mentre Salvini infierisce: «Se uno o due mesi prima entra in vigore la riformona, allora entra in vigore la prescrizione. Se non c'è la riformona, la prescrizione non c'è», e arrivederci. «Si ritiene soddisfatto per una norma che fa a pezzi la Costituzione: Bonafede dovrebbe chiamarsi Malafede», sintetizza con un gioco di parole Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato.

Il tutto nel silenzio di tomba dell'auto-nominato «arbitro» del compromesso, ossia il premier Conte che (alle prese con i disastri della manovra e il fallimento della conferenza sulla Libia) spera forse nei buoni uffici di Padre Pio per far durare il suo governo.

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