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Boca Juniors e River Plate La guerriglia del pallone alle radici di Buenos Aires

L'antica rivalità va oltre lo sport e sfocia nell'odio È il derby dei derby. Che non si gioca, ma si vive

Boca Juniors e River Plate La guerriglia del pallone alle radici di Buenos Aires

Per comprendere che cosa sia davvero River-Boca, basterebbe rileggere un aforisma di Gianni Brera: «Gli argentini sono italiani che parlano bene lo spagnolo ma pensano di essere inglesi». Mettiamo insieme questi tre segni distintivi e capiamo perché una partita di football rappresenti il riassunto di un Paese, la sua storia, la sua passione, la sua arte, la sua energia, la sua imprevedibilità anche folle. Non esiste altro, un quartiere diventa mondo, una fetta di Argentina riempie l'atlante del calcio, Buenos Aires è la capitale di tutti, la partita non dura novanta minuti ma si vive e si soffre prima e dopo, giorni, settimane, ore, di sguardi e di mormorii, di promesse e di minacce, l'attesa è già sfida aspra, la sfida è comunque attesa di vendetta, di tragedia, di festa.

Un secolo e più di rivalità, di odio nello stesso barrio, le voci non trovano ostacoli, volano tra le strade e vicoli, Palermo, Corrientes, Recoleta, Nunez, si frantumano e si uniscono. Le squadre, i loro stadi, portano nomi, aggettivi, storie che sono fiabe, il Fiume d'argento, i Millonaros, le Gallinas, i Bosteros, il Monumental, la Bombonera. Il popolo del River si porta la fama dei ricchi signori, privilegiati, cosparsi di ambrosie e abituati al meglio, per questo Millonaros. Però, quando vennero battuti dagli uruguagi del Penarol di origine italiana (Pinerolo), nella finale della Libertadores, vennero accolti da un lancio di galline e così i bipedi innocenti diventarono il loro soprannome, polli avremmo detto noi esperti del genere.

Il Boca è la cara povera, la faccia meno ricca del barrio di Baires. Sono bosteros, che riassunto significa sterco, dopo un alluvione le fogne del quartiere de La Boca esplosero e le strade vennero invase di ogni ma sono anche xeneizes, genovesi perché i fondatori del club furono Esteban Baglietto, Alfredo Scarpatti, Santiago Sana e, con loro altri figli di italiani liguri, Teodoro e Juan Antonio Farenga. Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges misero assieme un racconto Esse est pericpi nel quale si narrava dell'inesistenza del Monumental e delle squadre di calcio e di tutto quello che queste comportassero per il Paese. Borges non amava il calcio, non amava né il River, né il Boca, la leggenda riferiva che fosse tifoso clandestino del Newell's: «Il calcio è popolare perché la stupidità è popolare. Il football è un crimine inventato dagli inglesi. Mi sembra sgradevole che ci sia uno che vinca e uno che perda». Era Borges non era l'Argentina, non era la Capital, dunque River-Boca.

Osvaldo Soriano, invece, aveva passioni e racconti diversi quando riferì di quel tifoso del Boca che, in punto di morte, chiese di essere sepolto però avvolto dalla bandiera del River: «Così muore uno di loro». Questa è l'Argentina, questo è River-Boca. Non si gioca, si vive. E per lei si lotta, si attacca, si trova la strada del riscatto. La bombonera fu il teatro di Diego Armando Maradona ed è il palco elettorale del presidente Macri, è dal giorno della sua inaugurazione lo stadio del Boca, una scatola di cioccolatini, bombones, come lo definì uno dei progettisti, Josè Delpini. La guerriglia di sabato è stata la conclusione di una vigilia lunga, carica, tossica, la partita del secolo, il derby dei derby, una storia diversa da qualunque altra, forse l'old firm, la vecchia fabbrica scozzese, Celtic contro Rangers, cattolici contro protestanti, può avere lo stesso odore di polvere da sparo ma il tango di Baires coinvolge chiunque, a parte gli accademici di Borges. È uguale il senso del vincitore alla tragedia dello sconfitto, è il palio di Siena trasferito nello spazio virtuale e calato nello stadio che raccoglie non soltanto il popolo argentino.

Nel «clasico» di Baires l'Argentina cerca l'isola dell'allegria per mettere da parte i suoi guai economici, i contenziosi della politica, gli affanni sociali. L'America del football vuole conoscere chi sia la più forte, la migliore, la vincente.

Ma questo è soltanto l'ultima stazione di un viaggio che non avrà mai fine.

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