Cronache

Una bomba 46 anni fa. Così i terroristi rossi fecero la prima vittima

Quella data, 14 febbraio 1971, non se la ricorda nessuno e invece pesa eccome; quel giorno la violenza rossa battezza nel sangue la sua prima vittima. E a Marina di Pisa inizia una lunga stagione di lutti e sofferenze

Foto d'archivio (Wikipedia)
Foto d'archivio (Wikipedia)

Una cenetta a lume di candela per festeggiare San Valentino. «Papà e mamma - raccontano oggi per la prima volta le figlie - vivevano una favola d'amore». Quella sera la loro fiaba incrociò purtroppo i demoni del terrorismo che iniziava il suo folle percorso. Giovanni Persoglio Gamalero è sul lungomare di Marina di Pisa. Si accorge che dalla saracinesca di una macelleria esce del fumo, si ferma, si avvicina: l'esplosione lo coglie in pieno e un frammento di vetro centra l'arteria femorale. A soli trent'anni lo studente di ingegneria muore, lasciando una vedova giovanissima e due bambine senza papà.

Quella data, 14 febbraio 1971, non se la ricorda nessuno e invece pesa eccome; quel giorno la violenza rossa battezza nel sangue la sua prima vittima. E a Marina di Pisa inizia una lunga stagione di lutti e sofferenze che riempiranno l'Italia per troppo tempo. Ma, si sa, il nostro è un Paese strano dalla memoria corta e poi non tutti i morti sono uguali. Chi oggi ha dai cinquant'anni in su è cresciuto sentendo scandire infinite volte i nomi dei martiri ammazzati dalla violenza nera o dallo Stato: gli Zibecchi, i Varalli, Giorgiana Masi, l' anarchico Serantini per rimanere a Pisa. Ma Giovanni Persoglio Gamalero è un fantasma: perfino a Pisa, la sua storia, che pure dovrebbe stare nei libri, è stata rimossa.

«Diciamo - aggiungono le figlie - che noi non abbiamo mai cercato nessuno e nessuno ci ha mai cercato». Non una manifestazione, non una cerimonia, non un ritaglio di giornale. «Eppure - aggiunge Guido Salvini, magistrato che a lungo ha scavato sull'eversione di destra e di sinistra - da quella vicenda si intuisce la strada che stava imboccando un'area a sinistra del Pci e la piega che stava prendendo il nostro Paese». Agli albori delle Brigate rosse, di Prima linea e di tante altre formazioni eversive.

«Eravamo piccole - spiegano le due sorelle - e mamma cercò di proteggerci, per quanto possibile, da quella tragedia. Più tardi ci confidò che aveva coperto papà con il cappotto e che non c'era sangue. Ma non era vero».

Flash lontani di un dramma che ha segnato una famiglia ma è scivolato sulla pelle di un paese che non riconosceva il dolore politicamente scorretto. Qualche mese dopo, le indagini approdano all'Osteria dell'Archetto, nel cuore della città, locale caro all'ultrasinistra e agli anarchici. Si scopre che la bomba era stata piazzata per colpire il padrone della macelleria, ostile a quei gruppi. In quel contesto, il proprietario dell'Osteria dell'Archetto, Luciano Serragli, muore avvelenato. Siamo in un labirinto di politica, sesso, segreti inconfessabili, ma siamo anche alle origini di un capitolo sciagurato di storia patria. Fra gli arrestati c'è Alessandro Corbara che viene condannato a nove anni e mezzo per la morte accidentale dello studente di ingegneria.

Dopo otto anni circa di detenzione, il bombarolo pisano viene scarcerato ma prima viene chiesto un parere, come vuole la legge, alla vedova. Per la donna è un altro trauma. Insopportabile. La signora, consumata dalle prove patite, morirà ancora relativamente giovane nel 2003.

Quarantasei anni corti come un giorno nell'Italia indifferente.

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