Economia

La Borsa chiude in calo Spread ancora a quota 300

Piazza Affari di nuovo in negativo (-0,6%) Attesa per il giudizio di Standard&Poor's

La Borsa chiude in calo Spread ancora a quota 300

Milano - Visto che la manovra è la pietra miliare del Nuovo Rinascimento Italiano, Giuseppe Conte e Giovanni Tria fanno i paracarri: fermi sui principi-cardine di quella legge finanziaria già bocciata nella sostanza da Bruxelles, oltre che da Fmi, Ocse e Moody's. «Non si cambia», è la sinossi delle parole del presidente del Consiglio e della lettera che il ministro dell'Economia ha inviato alla Commissione Ue, in cui si preannunciano però - a mo' di captatio benevolentiae - correzioni se le misure pro-crescita non dovessero dare i risultati sperati.

Questo immobilismo tenacemente difeso, a cui oggi si contrapporrà la richiesta formale dell'Unione di cambiare lo spartito di bilancio, non è passato senza colpo ferire ieri sui mercati. Matteo Salvini ha ragione: dopo il declassamento subìto venerdì sera dall'Italia da parte di Moody's non c'è stata alcuna «tempesta perfetta su spread, crollo delle Borse, invasione dei marziani, arrivo delle cavallette». E un motivo c'è: il taglio era già stato ampiamente metabolizzato e, semmai, ha sorpreso il mantenimento delle lancette dell'outlook (il barometro sulle prospettive economiche da qui a sei mesi) su «stabile». Deutsche Bank dà una spiegazione: «Se c'è una cosa che al momento non è stabile, queste sono le prospettive dell'Italia, ma è improbabile che le agenzie di rating vogliano creare un circolo vizioso». Ecco perché non è andato in onda il giorno della locusta del sarcasmo salviniano. Ed ecco il motivo per cui in mattinata lo spread si era sgonfiato ieri sotto i 290 punti, dai 340 di venerdì, e l'indice di Piazza Affari aveva toccato un rialzo massimo del 2%. L'idea che si sta facendo strada tra gli investitori è che le agenzie di rating non abbiano intenzione di calcare troppo la mano nei confronti dell'Italia. Affondare il colpo significherebbe, del resto, far sprofondare la valutazione del Paese a quel livello junk, spazzatura, che porterebbe non pochi investitori istituzionali a dover vendere - e a non poter più comprare - titoli italiani. La tesi dell'approccio il più morbido possibile verrà comunque messa alla prova già venerdì prossimo, giorno in cui è atteso il verdetto di Standard&Poor's.

Ma per quanto Moody's si sia mostrata cauta, gli interventi di Tria e Conte hanno poi cambiato l'umore dei mercati, con il differenziale tra Btp e Bund tedesco che ha chiuso a quota 303. Quindi ancora su quei livelli di guardia ben espressi, peraltro, dal rendimento sui decennali sopra il 3,5%. La Borsa, inoltre, ha tirato il freno chiudendo in ribasso dello 0,6%, come al solito per effetto del calo dei titoli bancari (-1,47% l'indice di categoria). Gli analisti di Credit Suisse avvertono: se lo spread dovesse mantenersi su livelli alti nel lungo periodo, ci sarebbero effetti gravi sul comparto bancario. Niente di nuovo. La banca d'affari elvetica ha però già ridotto le stime sugli utili del comparto per il 2018 del 2,7%, per il 2019 del 5,3% e per il 2020 del 5,2%.

Ulteriori rischi sui profitti potrebbero arrivare, inoltre, dalla stretta fiscale sul settore annunciata dal governo, ma di cui ancora mancano dettagli.

Commenti