Cronache

"Bossetti cercava 13enni". Fango o indizi?

Sul suo pc ricerche su siti pedopornografici, la parola chiave è l'età di Yara. Gli avvocati: tutto falso

"Bossetti cercava 13enni". Fango o indizi?

Si fa ancora più presto, nel tempo di Internet, a fabbricare un mostro mediatico, o a trasformare un povero cristo, che la qualifica di mostro già ce l'ha un po' di suo, per colpa reale o per sfiga, in un mostro col botto. Attenti, perché un giorno potrebbe capitare anche a uno di noi, di voi. Basta che una volta nella vita, giusto per curiosità, siate andati a vedere su Internet cos'è questo «You porn» di cui tanto si parla, anche solo per suggerire qualche stravaganza erotica alla vostra assopita compagna/o, ed eccovi segnati per sempre. Come la bava di un lumacone, certe tracce elettroniche vi resteranno incollate al costato per tutta la vita. Ma anche se avete solo mandato la foto di vostra figlia decenne al pediatra, per fargli vedere un che ne so prima di portarla dal dermatologo, rischiate di passare un guaio, il giorno che quelli del Ris, o della Scientifica, vi abbiano inquadrato nel mirino. Perché Google , che a dispetto di quel che se ne dice non è intelligente per niente, assocerà la foto di vostra figlia a un catalogo di tredicenni, ammiccanti o anche no, realizzato da un bandito a Bangkok e transitato in un battibaleno, via Rawalpindi, Lahore, Teheran, Ankara, Trieste e ritorno (faccio per dire) sul vostro pc.

Massimo Bossetti, per esempio, il muratore in carcere con l'accusa di essere l'assassino di Yara Gambirasio. Ieri, su Repubblica , ecco la gran novità. Sul computer di Bossetti, e forse anche sul suo cellulare, ci sarebbero tracce di numerosi accessi, cinque pare, a certi siti pedopornografici. Con questa aggravante: che la ricerca su internet sarebbe stata avviata mettendoci nel titolo la parola «tredicenni». Diciamo la verità: non è una di quelle notizie destinate a facilitare la vita dell'indiziato. Ma quand'anche dovesse essere confermata, si potrà già parlare per ciò stesso di Notizia con la «n» maiuscola? Cioè: nel debole impianto accusatorio messo in piedi dalla magistratura di Bergamo, quanto conterà, per avvalorare la tesi dei pm, questa «notizia»? O non è, per caso, che il processo mediatico già in corso finirà per prevalere, sopravanzando, scavalcando, mettendo in ombra, svilendo perfino il processo vero, dal quale finora sono emerse solo malcerti di indizi di colpevolezza?

Per intenderci. Nessuno, qui, sta facendo l'innocentista a prescindere, giusto per il gusto di fare gli originali a tutti i costi. Ma siamo abbastanza vecchi del mestiere per averne visti altri, di processi mediatici, e di «mostri» fatti a pezzi sui giornali prima ancora di salire sul banco degli imputati, davanti ai loro giudici.

Prudenza, ci vorrebbe. Almeno quella prudenza manifestata ieri dall'avvocato di Bossetti, Claudio Salvagni, al quale non risultano accessi a siti pedopornografici. E comunque, dice Salvagni. Poiché sono prove ripetibili, vedremo, accerteremo, controlleremo coi nostri esperti.

Non c'è neppure bisogno di andare troppo lontano nel tempo, per trovare mostri «sicuri, sicurissimi», per certi giornali, trasformatisi strada facendo in mostri «probabili». E anche in quei casi, il carico da undici era venuto da Internet. Alberto Stasi, per esempio, il presunto assassino dell'ex fidanzata Chiara Poggi. Anche il suo computer venne frugato da cima a fondo, saltarono fuori delle immagini un po' così, e lui si beccò un'accusa di pedopornografia con tanto di condanna a 2.500 euro di multa. E come finì? Assolto dalla Cassazione.

Così andò, qualcuno ricorderà, anche al padre del piccolo Tommy, Paolo Onofri, inizialmente sospettato di essere in qualche modo collegato al rapimento del figlio.

Era vero niente, ma gli schizzi di fango, e il sospetto, lo accompagnarono fino alla morte prematura.

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