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Braccio di ferro Tria-Savona. Una Finanziaria per due

Il titolare dell'Economia (oggi all'esame Ecofin) prevede il Pil in crescita dell'1,6% nel 2019, il collega ipotizza il 3%

Braccio di ferro Tria-Savona. Una Finanziaria per due

Giornata difficilissima per il ministro dell'Economia Giovani Tria. Oggi al Lussemburgo parteciperà all'Ecofin e all'Eurogruppo (i vertici dei ministri finanziari dell'Ue e dell'area Euro) e dovrà spiegare una cifra che non gli appartiene. Il 2,4% di deficit in rapporto al Pil che il governo dovrebbe avere inserito nella nota di aggiornamento del Def (condizionale d'obbligo visto che il testo ancora non c'è).

Il ministro dell'Economia sperava di presentarsi al vertice con un rapporto deficit Pil all'1,9%. Aveva già un via libera informale della Commissione europea a sforare lo 0,9% previsto dal precedente Def. E anche rispetto all'1,6%, ultima trincea oltre la quale, anche al netto di tutti gli sconti possibili, l'Italia non rispetta i patti. Invece i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno imposto altri 10 miliardi di spesa senza coperture e Tria è stato costretto ad accettare.

Ma quella del disavanzo non è l'unica cifra che vede in contrasto Tria e altri pezzi di governo. Ieri il ministro degli Affari Europei Paolo Savona, in un intervista al Fatto Quotidiano ha spiegato che il governo punta a una crescita del 3% nel 2019. Sempre ieri Tria ha rilasciato un'intervista al Sole24ore nella quale ha sostenuto: «Puntiamo a una crescita dell'1,6% nel 2019».

Una distanza notevole. Entrambe le previsioni sono superiori a quelle dei più accreditati osservatori. Confcommercio pochi giorni fa ha osservato come l'Italia stia rallentando e per il prossimo anno ha previsto una crescita del Pil di un punto. Anche se è una previsione al netto delle misure espansive che il governo si appresta a varare con la legge di Bilancio, recuperare due punti percentuali di crescita è un'impresa titanica.

Le incertezze sulla crescita mettono a rischio anche i conti. Ancora le previsioni ufficiali del governo non si conoscono, ma se il Pil dovesse crescere meno rispetto alle previsioni che l'esecutivo inserirà nel Def, sarà difficile anche centrare l'obiettivo del 2,4%. Si potrebbe sforare anche il disavanzo più che generoso annunciato dal governo. Per questo Tria ha annunciato che nella legge di Bilancio ci saranno delle clausole di salvaguardia. Cioè dei tagli della spesa (non aumenti delle tasse come fatto finora) per riportare il deficit entro i limiti.

A quattro giorni dall'approvazione della Nota di aggiornamento del Def, in assenza di un testo ufficiale, anche la soglia del 2,4% finisce tra le cifre che potrebbero cambiare. Nel comunicato del Consiglio dei ministri di giovedì, ad esempio, il rapporto deficit/Pil non c'è. Le dichiarazioni prudenti del sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti sulla possibilità di cambiare il testo ieri sono suonate come una conferma per chi mette in dubbio anche l'unica cifra decisa dal governo.

L'impegno politico preso sulla soglia del disavanzo, compresa l'esposizione mediatica del M5s e del vicepremier Luigi Di Maio, è tale che il deficit del 2019 non potrà essere modificato. Sempre che qualcuno non voglia mettere a rischio l'esistenza del governo.

L'incertezza sulle cifre non fa bene all'economia, secondo Renato Brunetta di Forza Italia la crescita dell'1,6%. «Non verrà raggiunta» perché «le maggiori spese e i tagli delle imposte in deficit non si trasformeranno in modo lineare ed automatico in prodotto interno lordo».

L'aumento dello spread, invece, si trasformerà in una stretta sul credito che influenzerà negativamente il Pil.

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