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La burocrazia ci stritola Buttati 33 miliardi l'anno

Kafka vs Renzi. Il secondo cerca in ogni modo di attrarre investitori sul nostro territorio, il primo ispira regole contorte per dissuaderli

La burocrazia ci stritola Buttati 33 miliardi l'anno

Roma - Dica trentatré. Sono tanti i miliardi che l'Italia rischia di buttare per colpa della burocrazia e dei conflitti istituzionali. Dati che emergono da una ricerca dell'I-com, l'istituto per la competitività, presentata ieri a Roma. La cifra in ballo è di 33.267 milioni, dei quali 26.403 semplicemente a rischio e 6.865 del tutto incagliati in ingorghi da ora di punta. Soldi che peraltro arrivano, o arriverebbero, soprattutto dall'estero: gli investimenti stranieri impantanati ammontano a 19.469 milioni, pari al 58,5 del totale.

Kafka vs Renzi. Questi cerca in ogni modo di attrarre investitori sul nostro territorio, il primo ispira regole contorte per dissuaderli. E questo al netto di altre criticità come l'estrema sindacalizzazione e il costo del lavoro elevato. Ma è «l'approccio assembleare al decision-making una delle ragioni principali del declino italiano», come spiega Stefano da Empoli, presidente dell'I-com, secondo cui per le multinazionali straniere le priorità «non sono incentivi economici, ma regole certe che lascino meno spazio possibile a conflitti interpretativi e affidino la decisione finale a un'autorità di ultima istanza, che sia quella con le competenze più adatte al problema da dirimere».

Il montepremi del Totoscartoffie è calcolato sulla base di 83 progetti in sette settori di mercato, dall'energia (12 miliardi in pericolo) alle telecomunicazioni (9), dalle energie rinnovabili (6) ai trasporti (5), dalla grande distribuzione (0,6) al siderurgico (0,4) e al farmaceutico (0,3), proprio uno dei settori per cui Renzi ha cercato di camuffare l'Italia da sirena. In mezzo c'è di tutto: da tre negozi Decathlon (Brugherio, Rovigo e Napoli) bloccati dai permessi, e con loro 450 posti di lavoro; agli oltre 4 miliardi che dovrebbero essere investiti nei prossimi 5-6 anni negli aeroporti di Malpensa, Venezia, Firenze e Genova ma che scompaiono come un effetto ottico nella triangolazione tra Enac e vari ministeri, cioè tra dita della stessa mano, lo Stato. Uno dei casi più paradossali è quello del gasdotto Tap (Trans Atlantic Pipeline) che dovrebbe rifornire l'Italia e altri Paesi dell'Ue del gas dell'Azerbaijan. Un'infrastruttura cruciale, lunga 870 chilometri dei quali solo 8,2 in Italia. Ma le tante autorizzazioni necessarie e le proteste ambientalistiche per tutelare l'area costiera di San Foca, in Salento, rischiano di mandare il progetto a carte quarantotto, facendo perdere all'Italia il controllo di un'infrastruttura fatidica e alla Puglia 80 milioni all'anno nel periodo di costruzione e 8 milioni l'anno a regime, oltre a 129 posti di lavoro. E questo per 8 chilometri di gasdotto in una regione che ne conta già 13.870. L'Europa ci guarda basita.

Altra storia quasi incredibile quella di due colossi farmaceutici sanzionati per 180 milioni dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per un presunto cartello su due medicinali (l'Avastin e il Lucentis) che secondo l'Agcm sarebbero equivalenti. Tesi smentita dal ben più competente parere del Consiglio superiore di sanità. Ma nel frattempo la frittata è fatta: sarà molto difficile convincere le industrie del farmaco a investire in ricerca in Italia senza dar loro certezze su chi decide e cosa.

E non va meglio nelle telecomunicazioni, dove l'agenda digitale europea ha fissato degli obiettivi che comportano la realizzazione entro il 2020 di una capillare copertura a banda larga, ma limiti troppo stringenti sui limiti elettromagnetici e deliranti regole sugli scavi pongono un enorme punto interrogativo sul bottino.

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