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C'è posta dal comitato del No. Ma Mattarella non risponde

L'appello di Pace e Zagrebelsky al Colle per ottenere equilibrio nella campagna. E da due mesi tutto tace

C'è posta dal comitato del No. Ma Mattarella non risponde

Roma - A luglio gli avevano scritto una breve lettera in cui chiedevano di «far valere la sua autorità per aiutare a ristabilire la parità» tra le posizioni sul referendum costituzionale. Il professor Alessandro Pace, presidente dei comitato per il «No», e il presidente onorario dello stesso comitato, Gustavo Zagrebelsky, reduce da uno scontro televisivo sul tema con il premier Matteo Renzi, si erano rivolti al capo dello Stato Sergio Mattarella come «supremo garante» della «democrazia» e del «rispetto dei diritti costituzionali politici».

Un appello, il loro, affinché venisse ristabilito un equilibrio nella campagna referendaria che inevitabilmente pende verso il «Si», forte com'è del sostegno del partito di maggioranza e del governo, oltre che di un'illimitata copertura mediatica, mentre il «No» fatica a farsi spazio.

I professori hanno aspettato per oltre due mesi una risposta del presidente Mattarella, che non è mai arrivata. Nemmeno un cenno ai sostenitori del «No» che, pur non avendo raggiunto le 500mila firme necessarie durante la campagna di raccolta a sostegno del referendum, contano comunque 316mila cittadini che condividono le loro posizioni, le cui firme sono state regolarmente consegnate in Cassazione, come è stato scritto nell'appello inascoltato. Un trattamento alla pari sarebbe stato auspicabile per la lunga campagna referendaria e un'esternazione di Mattarella a favore di un'informazione più equilibrata avrebbe avuto sicuramente il suo effetto. Invece niente, silenzio dal Quirinale mentre in tv continuano ad impazzare i sostenitori del «Si».

Il suo disappunto Alessandro Pace lo ha espresso ieri in un'intervista all'Huffington Post in cui spiega perché il capo dello Stato non avrebbe dovuto far cadere nel vuoto il loro l'appello. «Fin quando la Costituzione non verrà modificata - ha detto al giornale online - questa è la Carta di cui lui è garante e quindi coloro che la difendono meritano di essere trattati con imparzialità. In secondo luogo questa revisione costituzionale è illegittima perché come tutti sanno è stata avviata contro la sentenza numero uno del 2014 della Corte Costituzionale relativa all'incostituzionalità del Porcellum. Con queste premesse è stato un azzardo iniziare un processo di revisione costituzionale da parte del governo. La maggioranza è drogata, il risultato è viziato alla base. Quantomeno sotto questo aspetto Mattarella dovrebbe avere un occhio di riguardo verso chi difende la legalità».

Da Washington si è espresso sul nostro referendum costituzionale, Pierre Moscovici, commissario europeo agli Affari Economici: «Sta agli italiani - ha detto - fare la loro scelta. Noi diciamo che in Italia c'è bisogno di forti riforme, che dipendono dalla struttura dell'economia e del sistema giudiziario, e dal contesto normativo, perché quando le istituzioni funzionano bene il sistema funziona bene». Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, gli ha risposto su Twitter: «L'Italia ha bisogno di buone riforme. Schiforma Renzi-Boschi è porcheria e italiani diranno un forte No». Schierato in prima linea per il No, Alessandro Di Battista esterna su Facebook: «L'Italia è quel Paese - scrive l'esponente del Movimento Cinque Stelle - dove Renzi si inventa un problema, i tempi lunghi di approvazione delle leggi in Parlamento, e dice che per risolverlo va cambiata la Costituzione.

Nel frattempo questo Parlamento approva tutte le indecenze che propone».

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