Politica

Caccia agli evasi (con farsa) «Li abbiamo presi», «Anzi no»

Uno accusato di omicidio, l'altro di rapina. Erano stati «premiati» lavorando in un'area poco sorvegliata. E loro se la sono subito svignata

Segano le sbarre e si calano giù. La più classica delle evasioni è andata in scena a Rebibbia. Non un carcere di provincia, ma un istituto di pena tra i più blindati della penisola se non fosse per il fatto che la carenza di agenti della penitenziaria ha allentato le maglie della sicurezza. E da quei buchi troppo larghi sono sgusciati via due romeni, compagni di cella.A Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu, 33 e 28 anni, con condanne da scontare per morte come conseguenza di altro reato, sequestro di persona e una serie di rapine, era stato permesso di lavorare in magazzino. Ma alle 18 di domenica hanno beffato la sorveglianza, superando tre sbarramenti. Prima hanno segato le sbarre del magazzino del reparto G11 e si sono calati con lenzuola dal muro esterno alto 7-8 metri, poi hanno legato le stesse a bastoni di manici di scopa per issarsi e agganciare all'altro muro di 5-6 metri. Infine, calatisi giù, si sono arrampicati sulla rete elettrosaldata, superando l'ultimo ostacolo. Per segare le sbarre del magazzino gli evasi avrebbero usato un seghetto di ferro perché Diaconescu era un lavorante e aveva a disposizione arnesi di questo tipo.A dare l'allarme, dopo aver notato le lenzuola sventolare nel vuoto, due uomini che facevano il giro di controllo sull'auto di servizio. Ma i due fuggiaschi sono stati visti salire su un autobus di linea anche da alcuni operatori, che prendendo servizio nel pentenziario. Gli identikit dei due criminali, considerati pericolosi, sono stati diramati immediatamente ed è scattata la caccia all'uomo da parte di polizia, carabinieri e penitenziaria, con posti di blocco in tutta Italia, comprese stazioni e capolinea dei bus. Controlli anche nei campi rom della capitale. Le forze dell'ordine hanno anche ascoltato amici e conoscenti dei due, nel tentativo di ricostruire eventuali appoggi o ambienti che possano averne coperto la fuga. Ma le indagini a tappeto non hanno ancora portato a nulla, nonostante in mattinata il Fns Cisl aveva annunciato la loro cattura in una casa a Tivoli. Notizia subito dopo smentita.«Il personale in servizio nei 14 Istituti Penitenziari della regione Lazio è sottodimensionato - di Massimo Costantino del Fns Cisl - si registra un esubero di detenuti rispetto alla capienza detentiva prevista». Nel Nuovo Complesso di Rebibbia ci sono secondo Fns Cisl 157 carcerati in più rispetto ai 1.235 previsti. «Nel reparto da cui i due romeni sono evasi c'erano di guardia solo nove agenti per 300 carcerati - dice Donato Capece del Sappe - e i sistemi antiscavalcamento di Rebibbia sono fuori uso da tempo. Avevamo chiesto che nella legge di stabilità si anticipasse dal 2018 al 2016 il turn over di 800 agenti: ci hanno bocciato l'emendamento. Ora la penitenziaria ha 7mila unità in meno e ogni anno perdiamo 1.300 uomini che vanno in pensione». I sindacati puntano il dito anche contro la sorveglianza dinamica, che lascia liberi i prigionieri di girare per ambienti aperti del carcere fino a una certa ora, senza essere seguiti dalle guardie. «Non vi è più sorveglianza armata: la sicurezza è demandata ad una autopattuglia che provvede ai controlli dell'intero perimetro detentivo», aggiunge Leo Beneduci(Osapp). La Procura ha aperto un'inchiesta e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha avviato un'indagine interna.

Intanto ieri a Rebibbia è emerso un altro episodio inquietante, denunciato dall'Osapp: in una cella un detenuto considerato vicino al clan Fasciani è stato trovato un cellulare.

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