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Calabria, ha l'obbligo di dimora ma il governatore Oliverio detta la linea in Consiglio

I magistrati lo hanno mandato al “confino”, ma lui continua a fare il bello e il cattivo tempo e a decidere le sorti della Calabria e perfino quelle del suo partito, il Pd

Calabria, ha l'obbligo di dimora ma il governatore Oliverio detta la linea in Consiglio

I magistrati lo hanno mandato al “confino”, ma lui continua a fare il bello e il cattivo tempo e a decidere le sorti della Calabria e perfino quelle del suo partito, il Pd. E dire che il governatore Mario Oliverio, ormai dal 17 dicembre scorso, è sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore (suo comune di residenza), in quanto accusato di abuso d'ufficio e corruzione nell'ambito dell'inchiesta “Lande desolate”, condotta dalla Procura di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri. Ieri, per la prima volta dopo lo scoppio dell'indagine, Oliverio è stato autorizzato dal gip del Tribunale di Catanzaro a prendere parte ai lavori del consiglio regionale, la cui sede si trova a Reggio Calabria. E il governatore dem non ha perso tempo e ha subito dettato la linea da seguire, con tanto di “avvertimenti” al governo gialloverde in merito alla questione del regionalismo differenziato, ovvero il progetto, che prevede nuovi passaggi di competenze dallo Stato alle Regioni (Lombardia e Veneto ne chiedono 23, l'Emilia Romagna 15), la cui fase istruttoria dovrebbe concludersi entro il 15 febbraio, con la elaborazione delle proposte definitive.

La Calabria, però, su input decisivo del suo presidente, proprio ieri ha approvato una risoluzione con cui il governo viene diffidato «a predisporre atti che prevedano trasferimento di poteri e risorse ad altre Regioni sino alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale". Con il documento, inoltre, il Consiglio calabrese si impegna "ad attivare i passaggi necessari per dare impulso a una iniziativa legislativa da presentare direttamente alle Camere", finalizzata alla revisione Titolo V della Costituzione "in direzione di un regionalismo solidale", e a richiedere nuove "forme e condizioni di autonomia". Oliverio, a margine della seduta del “parlamentino” regionale, ha difeso le sue prerogative: "È nel mio dovere rappresentare la comunità che mi ha eletto. Il fatto che sono qui, vuol dire che non sono, come qualcuno ha voluto rappresentare, scomparso".

E infatti è stato lui a tracciare la strada che porta a una nuova contrapposizione con il governo: "I referendum di Veneto e Lombardia hanno inserito quesiti che vanno ben al di là dei contenuti previsti dall'articolo 116 della Costituzione. Mentre l'Europa cerca di fissare standard di qualità per affermare livelli essenziali anche nelle aree a ritardato sviluppo, in Italia si propone il meccanismo opposto, cioè spingere una parte del Paese a subire una nuova marginalità. Il Sud deve farsi sentire. Su queste problematiche bisogna unirsi, perché dividersi significa riproporre un vecchio tarlo che non è stato secondario rispetto alla marginalità cui è stato sottoposto il Mezzogiorno". Ma, nonostante l'inchiesta che lo ha mandato al “confino”, il peso di Oliverio continua a farsi sentire anche nelle questioni che riguardano direttamente il Pd. Il governatore e la sua corrente hanno infatti contribuito in modo sostanziale alla vittoria di Nicola Zingaretti in Calabria. Il candidato alla segreteria nazionale si è imposto con circa il 62% dei voti in tutte le convenzioni dei circoli, passaggio congressuale propedeutico alle primarie del prossimo marzo.

Un risultato per cui deve dire grazie anche a Oliverio.

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