Politica

Calenda cerca un "garante" per l'esecutivo del Quirinale

Il ministro propone una soluzione istituzionale: niente tecnici, meglio persone esperte come Gentiloni e Letta

Calenda cerca un "garante" per l'esecutivo del Quirinale

Nelle ultime settimane l'interrogativo che fare?, con i labirintici dilemmi di cui il rivoluzionario Lenin si fece ermeneuta, ha assunto ormai l'impellenza che conduce ai momenti decisivi.

Finora il Quirinale è rimasto aperto a ogni ascolto o soluzione, con pochi punti imprescindibili: il «no» a nuove elezioni, il massimo rispetto per la volontà emersa dal voto del 4 marzo (pur se ha premiato forze rivoluzionarie, almeno secondo la moda del tempo). Ma allo scoccare del sessantesimo giorno senza veder spuntare alcuna luna nuova, con le basi dei Cinquestelle e del Pd refrattarie (o apertamente ostili) all'idea di un matrimonio d'interesse, sul Colle sta per cominciare un'altra partita. Ovvero quella che concede, in base all'idea di «potere a fisarmonica» che fu dei Costituenti, di giocare in proprio, ovvero di sopperire con l'azione al vuoto di potere che si è costretti a registrare.

È in questa cornice che va a inserirsi una proposta ancora acerba (quanto lo si capirà presto), lanciata ieri da un ministro in carica, Carlo Calenda, da pochi mesi iscritto al Pd, in quota renziani critici. Intervenendo alla trasmissione dell'Annunziata su Raitre, Calenda parla di un «governo istituzionale, aperto alla partecipazione di tutti i partiti, non composto da figure dei partiti e con obbiettivi che siano condivisi». Un governo, spiega ancora, «che tocchi i nodi rimasti in sospeso, che non sono solo la legge elettorale ma anche, ad esempio, una clausola di supremazia che quando c'è un interesse nazionale in ballo prevalga su questo federalismo scoordinato che abbiamo...».

Nella logica di Calenda, che muove dalla sua conclamata contrarietà a un governo con i grillini (aveva persino minacciato di stracciare subito la tessera appena presa) e quindi dalla considerazione che sia «indignitoso» che il Pd faccia «la ruota di scorta a Di Maio», il segretario Martina dovrebbe proporre a M5s un esecutivo di transizione «istituzionale» perché se «nessuno ha vinto, tutti dovrebbero fare un passo indietro» e, se pure «serve un governo pieno, si può fare un passaggio intermedio, visto che né Salvini né Di Maio hanno mai governato». Calenda perciò richiamerebbe in servizio una serie di figure «responsabili», una sorta di «garanti» ed esperti nella difficile arte del governare: Gentiloni o Letta junior, richiamerebbe in servizio, non «professori» né «tecnici», cui anzi si dice contrario. Ricondurre al pensiero del presidente Mattarella la proposta-Calenda di un «governo di tutti», che in realtà sarebbe «di nessuno», figlio orfano di madre vedova, sarebbe fuoriluogo. Di sicuro traspaiono ingenuità e visioni (troppo) di parte che sul Colle non possono avere cittadinanza. Anche perché l'esito delle elezioni friulane potrebbe riaprire partite che ora si danno per perse, ma che nel Paese sembrano godere ancora di una maggioranza non fittizia: cioè quella di un governo M5s-Lega. Ma è anche chiaro che, al Colle, una nuova chiamata alle urne viene ancora vista come ultimo e doloroso epilogo da scongiurare. Aprire la strada verso soluzioni «politiche» - responsabili o di minoranza, che godano del consenso delle due forze maggiori - sarà pure un passaggio stretto ma obbligato.

Almeno per ora.

Commenti