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Calenda chiede il Tfr ma la Ragioneria dello Stato dice "No"

L'ex ministro avrebbe chiesto il trattamento di fine rapporto al termine dei suoi incarichi. Ma la Ragiorneria dello Stato non prevede l'erogazione del Tfr per i ministri non parlamentari

Calenda chiede il Tfr ma la Ragioneria dello Stato dice "No"

Avrebbe provato a chiedere il trattamento di fine rapporto dopo la fine del suo incarico al ministero, ma la Ragioneria dello Stato gli avrebbe risposto di no. La vicenda, raccontata oggi dal Fatto quotidiano, riguarda Carlo Calenda.

La vicenda

A un mese dal voto delle politiche, infatti, nell'aprile 2018, dal ministero dello Sviluppo Economico sarebbe partita la domanda di "corresponsione" dell'indennità di fine mandato per le cariche ricoperte durante il periodo al dicastero. Da maggio 2013 a marzo 2016, Calenda aveva ricoperto i ruoli di sottosegretario e viceministro dei governi di Enrico Letta e di Matteo Renzi. Per qualche mese, poi, era rimasto a Bruxelles come rappresentante permanente dell'Italia e, successivamente, era tornato a Roma. Questa volta come ministro, prima per Renzi e poi per Paolo Gentiloni.

La normativa

Secondo la normativa di riferimento, il Tfr viene calcolato sulla base dell'indennità parlamentare: per ogni anno di mandato si ha diritto all'80% del lordo mensile, che ammonta a 10.435 euro. Sono circa 9.400 euro. Così, al termine di una legislatura, l'assegno arriva poco sopra i 40mila euro. Più o meno la cifra voluta da Calenda.

Le motivazioni del "no"

Ma nel caso specifico che riguarda l'ex ministro sarebbe sorto un problema: Calenda era un ministro non parlamentare, per cui, per lui, non sarebbe stato previsto alcun trattamento. I membri del governo extraparlamentari prendono un'indennità pari a circa 9.500 euro lordi al mese. Dal 2000 è stata estesa anche a loro la diaria parlamentare (che corrisponde ad altri 3.500 euro netti), come rimborso delle spese sostenute a Roma. Ma non c'è l'assegno di fine mandato, anche perché nessuno di loro versa nulla, a differenza dei parlamentari a cui ogni mese viene trattenuta una quota dell'indennità (784 euro per i deputati, 699 per i senatori), come contributo per il Tfr.

La Ragioneria dello Stato avrebbe quindi dovuto dare risposta negativa a Calenda, anche perché riconoscere questo trattamento avrebbe significato un onere per lo Stato sprovvisto di copertura.

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