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Calenda: "Il crac di Alitalia sarebbe uno choc per il Pil"

Il ministro: «Il vertice è stato arrogante e ha pesato sul referendum». Lo spettro di perdite oltre le attese

Calenda: "Il crac di Alitalia sarebbe uno choc per il Pil"

«Il governo deve garantire un supporto temporaneo ad Alitalia perché staccare la spina all'azienda in modo netto potrebbe causare gravi danni all'economia del Paese». Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, ospite de «L'intervista» di Maria Latella su SkyTg 24, punta a rassicurare lavoratori e potenziali acquirenti. Il governo, senza nazionalizzare, farà la sua parte. Tuttavia, il conto in capo allo Stato, anche per un supporto temporaneo, si prepara ad essere più salato del previsto.

Secondo un'analisi inedita di Andrea Giuricin, esperto del settore e docente di Economia dei trasporti all'Università Bicocca di Milano, infatti, «nel 2016 i soldi bruciati da Alitalia potrebbero essere molti più del previsto, almeno 600 milioni di euro per un ebit negativo di circa mezzo miliardo (-18%)». In sostanza Alitalia perderebbe circa 2 milioni al giorno. Ergo, il prestito ponte del governo potrebbe essere solo una goccia nel mare e i tagli attesi dai commissari molto più netti.

«Non si può far fallire Alitalia dalla mattina alla sera perché non avremmo più collegamenti aerei per una parte significativa del Paese», ha comunque chiarito Calenda spiegando che staccare la spina «sarebbe uno choc per il Pil molto superiore allo scenario cui stiamo guardando, cioè un breve periodo di 6 mesi coperto da un prestito ponte del governo in maniera da trovare un acquirente». Il ministro ha quindi puntato direttamente il dito contro i vertici in uscita: «Questo management, l'ad Cramer Ball più che Hogan, ha non solo sbagliato il modello di business della compagnia, ma certe volte avuto anche un approccio un po' arrogante, se posso dirlo, che non ha giovato a nessuno nemmeno sull'esito del referendum», ha aggiunto. Ma cosa imputa il ministro all'amministratore delegato? Sicuramente scelte strategiche poco felici anche se va ricordato che Ball è arrivato in Alitalia appena un anno fa. «Forse l'eccessivo susseguirsi di manager commenta Giuricin è il primo vero errore della compagnia». In ogni caso, ai vertici uscenti si imputa di non aver raggiunto gli obiettivi, di non aver compreso la strategicità dello scalo di Fiumicino rimasto in mano all'avanzata delle compagnie low cost, essersi concentrati troppo sui voli a breve e medio raggio; di aver limitato gli investimenti sulla flotta anche per le frizioni con i soci italiani. Così, a 24 ore dall'assemblea e dal cda che il 2 maggio sanciranno l'avvio dell'amministrazione straordinaria si fa strada la certezza che i commissari troveranno sorprese nei conti dell'azienda. «Non possiamo pensare che chiunque arrivi considererà normale continuare a perdere dei soldi. Comunque ha aggiunto Calenda - ci saranno delle manovre di ristrutturazione. C'è un ventaglio di possibilità, io spero che chi arrivi compri non lo spezzatino ma l'insieme dell'azienda, ma lo farà chiedendo delle condizioni», ha aggiunto il ministro.

Sul tavolo, al momento, restano l'ipotesi di trovare un cavaliere bianco (come Lufthansa o Ryanair) che subentri e rilevi l'Alitalia in perdita. Ipotesi questa vista però come remota perché un acquisto dopo il fallimento sarebbe molto più conveniente. Nelle ultime ore è stato poi rispolverato il piano Fenice del 2008: l'idea sarebbe di trovare un socio industriale che entri nel capitale insieme a una cordata di altri investitori (le banche già socie) sotto la garanzia pubblica di Invitalia. Possibilità, quest'ultima, che potrebbe coinvolgere Meridiana anche se è difficile, commenta Giuricin, che «un operatore solido come Qatar vada ad investire in una società così gravemente in perdita come Alitalia». Resta sul piatto, poi, fino all'ultimo l'estrema ratio della nazionalizzazione. Anche se ancora Calenda l'ha totalmente esclusa: «L'ex premier ha detto una cosa giusta, è allucinante punire i lavoratori per il no. Io aggiungo che sarebbe immorale.

E sarebbe allucinante e immorale punire i contribuenti dopo i 7,5 miliardi di soldi pubblici versati in Alitalia».

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