Politica

Dentro il call center che ascolta le vittime della malagiustizia

Innocenti in carcere e sentenze scandalose L'Aivm ha raccolto un dossier con 5mila casi

Dentro il call center che ascolta le vittime della malagiustizia

C'è chi giura di aver visto l'ombra di Marco Rivasi entrare nel portone in piazza Luigi di Savoia 22, a Milano, proprio difronte alla stazione Centrale. Qui, al quarto piano, c'è la sede dell'Associazione italiana vittime di malagiustizia (Aivm). Marco Rivasi non esiste in carne ed ossa; lui è solo il personaggio letterario protagonista di Malanni di stagione (Cairo Editore): riflessivo romanzo fresco di stampa del giornalista Rai, Oreste Lo Pomo, imperniato appunto su un caso di malagiustizia. Vicenda immaginaria, ma con trama terribilmente verosimile. Marco Rivasi viene arrestato dopo che un imprenditore ha ammesso di aver corrotto politici e funzionari per ottenere le autorizzazioni necessarie alla propria azienda. «È solo un equivoco e presto verrà chiarito», ripete Davide, l'amico che fa il cronista di giudiziaria. Ad affiorare è invece il nervo scoperto di un sistema malato, capace di infettare chi si ritrova con corpo e anima maciullati nel tritacarne dei tribunali.

Un'esperienza dolorosa che Mario Caizzone, presidente dell'Aivm, conosce bene per averla patita direttamente. Caizzone infatti - a differenza del Mario Rivasi uscito dalla penna di Lo Pomo - della malagiustizia è stato una vittima reale, e proprio da questa sventura nel 2011 nacque l'idea di fondare l'Aivm. In sei anni di attività l'associazione ha seguito circa 5 mila casi di persone che si sono trovati a combattere contro il moloc di una scritta falsamente rassicurante: «La Legge è uguale per tutti».

«La legge non è uguale per tutti, ma - ciò che è più grave - la legge non sempre è giusta - dice Caizzone, portandoci in una stanza dove due studentesse di Giurisprudenza si dividono tra computer e telefono -. Il nostro è un osservatorio e un centro di ascolto unico nel suo genere. In Italia non c'è nulla di simile, perché non interessa a nessuno aiutare gratuitamente chi si perde nei labirinti dei codici o delle aule giudiziarie». E questo in un Paese considerato la culla del diritto. Un diritto che spesso rischia di essere inghiottito nelle sabbie mobili dei tempi lunghi, dimenticando che - come ripeteva Indro Montanelli - una giustizia che arriva dopo anni di attesa è sempre una giustizia negata, anche (e soprattutto) in caso di assoluzione. In galera, da innocenti; vite distrutte, da innocenti; esistenze segnate, da innocenti. In questa sorta di «call center della malagiustizia» che è l'Aivm, di storie simili ne passano decine ogni settimana.

«Un'esperienza umana e professionale coinvolgente che vale più di tante lezioni universitarie», ci dicono le «giuriste» volontarie dell'Associazione.

«Voi giornalisti non avete il coraggio di raccontare certe vicende - ci sfida Caizzone -. Come quella di un avvocato che, pur sapendo che i termini per il ricorso in Cassazione erano scaduti, lo ha presentato ugualmente e - cosa ancor più grave - si è fatto pagare la parcella: denaro, tra l'altro, incassato senza rilasciare alcuna fattura. Il suo cliente lo ha denunciato, ma non è riuscito a trovare nessun avvocato disposto a difenderlo. E sa il motivo? Perché il legale denunciato è il presidente dell'Ordine degli avvocati della sua regione. Abbiamo segnalato il caso in procura, ma il risultato è che abbiamo trovato in foto quello stesso avvocato insieme con il magistrato che avrebbe dovuto dare corso alla nostra denuncia».

Sul sito dell'Aivm scorrono le vicende di Luca, «cui è stato vietato di far ritorno nel suo paese, per reati che non ha mai commesso»; di Michele che «è rimasto vittima di un errore giudiziario che gli ha stravolto la vita»; di Giuseppe «titolare di un'attività di alimentari truffato dal suo legale di fiducia».

Odissee che ricordano i drammi trattati da Sono innocente la trasmissione di Rai3 di Alberto Matano che, proprio da quel programma, ha ora tratto un libro: «Non sarebbe male se i soldi guadagnati col libro fossero destinati alla nostra associazione - scherza Caizzone -. Nella sua trasmissione Matano ha trattato un caso seguito dall'Aivm, ma la parte in cui il protagonista ci ringraziava non l'ha mandata in onda.

Inoltre perché Matano non cita mai i nomi dei giudici? Cosa fa, in concreto, Matano per le vittime del sistema giudiziario? Pubblicizzare in tv le loro storie può rivelarsi più dannoso che utile, riaprendo vecchie ferite». Sarà d'accordo anche Marco Rivasi?

Commenti