Politica

Camici "donati" alla Regione Lombardia. Sospetto dei pm: al Pirellone sapevano

L'inchiesta a Milano sulle protezioni prima vendute e poi regalate dalla ditta del cognato del governatore Fontana

Camici "donati" alla Regione Lombardia. Sospetto dei pm: al Pirellone sapevano

Milano Procede spedita, anche se è alle battute iniziali, l'inchiesta della Procura di Milano sui camici forniti in piena emergenza Covid alla Regione Lombardia da parte di un'azienda legata alla famiglia del governatore Attilio Fontana. I pm, man mano che scavano nei documenti acquisiti dalla Guardia di finanza, trovano tasselli che considerano utili a sostenere la loro accusa. Sarebbero anche emersi elementi che fanno pensare che al Pirellone fossero in tanti a sapere del conflitto di interessi nella procedura. E altri che fanno ipotizzare agli inquirenti che lo stesso Fontana abbia avuto un qualche «ruolo attivo» nella vicenda.

Per giorni i finanzieri del Nucleo di polizia valutaria, delegati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Luigi Furno, Paolo Filippini e Carlo Scalas, hanno visitato gli uffici della Regione. Hanno acquisito materiali come note di credito, email, documenti di offerta, storno delle fatture. Sono state inoltre interrogate alcune persone informate sui fatti, a partire dall'assessore all'Ambiente Raffaele Cattaneo, nei mesi dell'emergenza incaricato di reperire il materiale sanitario che tanto scarseggiava, Francesco Ferri, presidente della centrale regionale degli acquisti Aria spa, e Carmen Schweigl, a capo dell'ufficio gare. «Questo spiegamento di forze, professionalità e risorse investigative - sottolinea il legale di Fontana, l'avvocato Jacopo Pensa - è la migliore garanzia per arrivare all'accertamento dell'assoluta inesistenza di alcun reato. Il presidente Fontana, non indagato, non ha avuto alcuna parte attiva nella vicenda». Secondo quanto ricostruito fin qui dai pm, la fornitura di protezioni sanitarie per 513mila euro da parte di Dama srl (azienda di cui la moglie del governatore detiene il 10% e di cui il cognato Andrea Dini è titolare) è stata tramutata in donazione solo dopo che Report aveva cominciato a indagare. La tempistica messa in fila dai pm: l'ordine d'acquisto diretto è datato 16 aprile, lo storno delle fatture è del 20 maggio, l'intervista di Report a Fontana del 15. Anche se il giornalista Giorgio Mottola fece domande (almeno nella parte andata in onda) in generale sulla gestione dell'emergenza in Lombardia e non specifiche sull'affidamento. Sul punto il presidente lombardo rispose successivamente per iscritto di «non sapere nulla della procedura» e di non essere intervenuto in alcun modo.

Da parte sua Dini, indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente con l'ormai ex dg di Aria Filippo Bongiovanni, che ha chiesto di essere trasferito, aveva spiegato: «Quando non ero in azienda durante il Covid, chi se ne è occupato ha male interpretato. Ma poi me ne sono accorto e ho subito rettificato, perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione». Sarebbe poi emerso dalle indagini che sono stati donati solo 50mila dispositivi e la Dama avrebbe tentato di rivendere i restanti 25mila. Si tratterebbe, per la Procura, della prova del fatto che Dini voleva guadagnarci. «Consideriamo la gravità del momento in cui eravamo - ha commentato ieri Cattaneo, che ha consigliato Dama e altre aziende ad Aria -, in cui i medici in prima linea non avevano strumenti di protezione. Avevamo il dovere di provvedere».

La «soffiata» sul caso è arrivata da una fonte definita «insospettabile».

Commenti