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Campo Dall'Orto sotto assedio, il dg verso l'uscita

Dal cda ai renziani tutti contro il direttore. Ecco i papabili per la successione

Campo Dall'Orto sotto assedio, il dg verso l'uscita

Barcolla ma non molla, almeno per ora. La domanda è: fino a quando Campo Dall'Orto reggerà all'assedio ormai trasversale? «La mia natura non è quella di occupare delle poltrone, ma di costruire dei progetti. Finché potrò continuare a lavorare così io rimarrò» dice Dall'Orto, che non solo si ritrova uno stipendio ridotto di 400mila euro (dai 650mila euro iniziali a 240mila tetto di legge), ma anche un vasto fronte che lo vorrebbe fuori da Viale Mazzini in brevissimo tempo. Il cda lo ha pubblicamente sfiduciato, attribuendogli la responsabilità del naufragio del piano news della Rai, pratica che dopo le dimissioni di Carlo Verdelli è nelle mani del dg ma che «ancora non esiste», lo ha bacchettato il consigliere Rai Franco Siddi. Mentre un altro componente del cda, Paolo Messa, ha consegnato alla Vigilanza addirittura un j'accuse in 21 paragrafi per segnalare una generale visione critica dell'attuale governance aziendale», in particolare del dg. L'azienda, con la sua guida, ha collezionato una serie di incidenti e polemiche, quasi quotidiane come dimostra il polverone (anche politico) sulla puntata di Report sui vaccini, o sulla copertura in ritardo dell'attentato sugli Champs-Élysées.

Non è un dettaglio, per indovinare il prossimo destino di Campo Dall'Orto, che in prima linea tra i più assidui critici della Rai ci sia il deputato Pd della Vigilanza Michele Anzaldi, ovvero il portavoce della campagna congressuale di Matteo Renzi, l'ex grande sponsor di Dall'Orto (l'ex premier continua a ribadire: «Sulla Rai non ci metto bocca, mai messo bocca e continuerò a non mettercela»). Secondo una ricostruzione del Foglio, giornale vicino al mondo renziano, negli ultimi giorni avrebbe vinto la linea portata avanti da Anzaldi e da Luca Lotti, che premevano per un cambio ai vertici di Viale Mazzini prima del termine minimo prefissato dall'attuale dg, cioè la fine di giugno, per presentare i nuovi palinsesti e lasciare la Rai con almeno qualcosa in eredità oltre alle polemiche. L'addio di Dall'Orto invece è dato per imminente, entro «una decina di giorni», magari con la resa dei conti del consiglio del 4 maggio. Tanto che si ragiona già sulla successione. Il presidente della Rai Monica Maggioni punterebbe a prendersi in carico la doppia funzione, ma la sua nomina alla presidenza - tradizionalmente una figura di garanzia gradita all'opposizione - è difficilmente compatibile con il profilo di un amministratore delegato espressione della maggioranza. Perciò girano altri nomi per sostituire Dall'Orto. L'immarcescibile Nino Rizzo Nervo, ex uomo Rai in quota Margherita, vicino a Gentiloni (che lo ha voluto come vicesegretario di Palazzo Chigi) e a Mattarella.

Ma anche una soluzione interna, come Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, oppure l'ex direttore di RaiUno Giancarlo Leone.

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