Elezioni Politiche 2018

Il candidato Cerno svela il "modello Repubblica"

L'ex condirettore in corsa col Pd ammette che il quotidiano fa politica: «Ma è giornalismo civile»

Il candidato Cerno svela il "modello Repubblica"

Tre o quattro cose sapevamo finora del simpatico collega Tommaso Cerno, candidato del Pd «unto» dal Segretario in persona nonostante o proprio per il suo passato anti-renziano. Pensavamo fossero sufficienti.

Colto da improvvisa crisi d'irrilevanza, a poche settimane dal voto, il condirettore trimestrale di Repubblica (nel senso che c'è rimasto solo tre mesi) ha ritenuto di fornircene molte di più tramite una ponderosa intervista pubblicata sul Foglio di ieri; talune persino su un doloroso passato per il quale gli auguriamo un mare di bene. Ma forse non ce n'era bisogno. Così come di gusto un po' discutibile abbiamo trovato la relazione tra malattia e candidatura, immaginando per così dire già sfruttato l'espediente della folgorazione sulla via di Damasco. Duemila anni fa in maniera esaustiva. Però, dopo Paulo di Tarso e prima di San Tommaso, ecco Cerno: «Di fronte alla morte ho anche riflettuto sul giornalismo». Cavoli. Scoprendo cosa, il candidato renziano che in gioventù fece frugale apparizione pure nelle liste di An? Che «il giornalismo in Italia è politica. Quindi tanto vale dichiararsi... Mi fanno ridere i giornali che vantano la loro terzietà... Il giornalismo è tutto fuorché neutrale, solo che non ha il coraggio di dirlo. I giornali fanno politica, ma fingono di non farla. E difatti sai chi mi ha attaccato? I giornalisti. Perché io candidandomi ho svelato il loro difetto». Urca.

Benvenuto e ben svegliato, Tommaso da Udine. Ben sceso nel mondo, dopo esser stato a cavalcioni sulle nuvole del sogno, quel vaporoso vanaglorioso mondo scalfariano che dal cazzuto Espresso delle origini ha trovato il suo punto di caduta nell'odierna e misera Repubblica. Che pure, a detta del suo editore, fino a poco tempo or sono faceva e disfaceva governi che il medesimo CDB intratteneva a casa («tanto il governo non esiste, son quei quattro lì») o consigliava sul da farsi («Renzi mi chiama per chiedermi consulenza»). Peccato che per Cerno, ovviamente, «quello di Repubblica è giornalismo civile. Non è un giornale di partito, che è un'altra cosa». Suvvia, Tommaso, cos'altro ti ha rischiarato nella mente questa luce improvvisa? Ah, sì: che quando volevi inchiodare Renzi sulle sue inchieste, invece di una risposta sia stato meglio acconciarsi sul nulla? «Si è capito che era tutto a sua insaputa», dici ora con certezza. «Il Pd ha dimostrato di non essere il partito dei Renzi boys». Stupendo.

E tutto grazie a te, alla tua folgorazione di superiorità, all'editore che ti ha donato direzioni, condirezioni e una scrivania in naftalina nel caso l'elettore ti rispedisca a casa (a proposito: sarà perché «Repubblica resta casa tua» e «non è vero che ti sei candidato perché non ti hanno dato la poltrona di Calabresi» che su di essa eri solito appollaiarti non appena il legittimo proprietario si assentava?).

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