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Quel caos immobiliare frutto di leggi intricate e alloggi di scarso valore

Il patrimonio dell'Inps ammonta a 2 miliardi Dopo una prima cartolarizzazione ora sono rimasti gli alloggi che arrivano dall'Inpdai: le norme non agevolano le cessioni ai privati

Quel caos immobiliare frutto di leggi intricate e alloggi di scarso valore

Il patrimonio immobiliare dell'Inps fa discutere. È gestito bene? È gestito male? Le case in cui sono finiti i «soldi dei pensionati» dove sono? Quanto valgono? Che fine faranno? Come si comporta il presidente Tito Boeri? Che programmi ha? In un momento come questo, tra buste arancioni ed età pensionabile in moto perpetuo, il tema merita attenzione: di che stiamo parlando?

Intanto va detto che il mattone Inps non è un'enormità. Il valore totale degli immobili non strumentali - cioè non utilizzati dall'istituto per lo svolgimento della propria attività sul territorio - è di circa 2 miliardi. Che diventano 2,5-2,6 con quelli strumentali. A fronte di tale stock (di case, uffici, negozi, cantine, box) l'Inps eroga qualcosa come 300 miliardi di prestazioni previdenziali l'anno. Quindi il primo elemento da sottolineare, quando si entra nello specifico, è che si tratta di valori inconfrontabili: mai l'istituto potrebbe mettere in cantiere operazioni immobiliari in ottica di risanamento o per far tornare i propri conti.

Poi forse non tutti si ricordano che gli immobili oggi in carico all'Inps sono il risultato residuo di una serie di leggi e operazioni patrimoniali, finanziarie e immobiliari, avvenute con governi diversi tra la fine del secolo scorso e l'inizio di questo. In sintesi: il patrimonio dei vari enti previdenziali accorpati nell'Inps (come Inpdap o Enpals) è stato messo in vendita con procedure di cartolarizzazione. La prima, di grande successo - Scip 1, del 2001 - ha portato alla Stato 10 miliardi di euro; la seconda - Scip 2, del 2002 - è invece stata un mezzo flop, con oltre 10mila proprietà invendute, essenzialmente appartenenti al patrimonio Inpdai. In altri termini, l'attuale patrimonio Inps è composto dagli immobili rimasti invenduti e, per lo più, ereditati da altri enti. Dal 2009 il patrimonio, secondo le indicazioni dell'Agenzia del Territorio, è destinato per legge alla dismissione, ma con una serie di complesse normative che ora sono in corso di revisione, anche perché la crisi ha modificato del tutto il mercato. E comunque si tratta di cespiti «tornati indietro» dopo essere stati scartati nelle cartolarizzazioni. Tale situazione è all'origine dello scarso rendimento delle proprietà: quelle direttamente gestite dall'Inps rendono l'1,5%, mentre quelle degli enti accorpati, gestite da terzi, non superano in media lo 0,31 per cento.

Dal canto suo l'Inps punta alla razionalizzazione dei costi, lasciando immobili in affitto per utilizzare i propri come strumentali. Ma non basta: nel triennio 2012-2014 il rosso di gestione è stato di 245 milioni. Né aiuta alla causa la normativa e la prassi sulla gestione delle morosità (che non mancano) o altre situazioni - sempre normative - come il mancato rinnovo del contratto per i cespiti messi in vendita, con la conseguenza che gli attuali inquilini sono a tutti gli effetti degli occupanti abusivi.

L'impressione è che più che all'attuale gestione dell'Inps, il caos immobiliare dell'istituto sia il risultato di leggi e normative intricate che lo Stato non ha saputo semplificare.

Ma che ora, vista l'emergenza pensionistica, richiede una maggiore attenzione da parte del governo.

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