Politica

Caos su giustizia e sanità Saltano i patti tra Fi e Pd

Catricalà rinuncia alla Consulta, a rischio anche Violante Il premier sferza le Regioni sui tagli: «Spendete meglio i soldi»

Antonio Signorini

RomaAccordi saltati su Consulta e Csm, governatori in rivolta contro i tagli alla sanità: sono le due spine nel fianco di Matteo Renzi. E fanno male. L'ultima notizia è il passo indietro di Antonio Catricalà, indicato da Fi per la Corte costituzionale, in tandem con Luciano Violante per il Partito democratico. Nel parlamento in seduta comune fumate nere, schede bianche e nulle hanno dimostrato che il patto tra il premier e Silvio Berlusconi viene contestato nei gruppi parlamentari e l'ex sottosegretario alla presidenza rinuncia per far superare le «contrapposizioni» che hanno creato l'impasse. Al suo posto potrebbe correre Donato Bruno, ma si starebbe ragionando anche su altri nomi. L'ipotesi che circola in parlamento è, però, che i malumori di Fi servano ai Dem per far saltare anche Violante, osteggiato da molti nel Pd. Il «vero» candidato di Renzi sarebbe Augusto Barbera, ma potrebbe essere eletto anche Massimo Brutti, destinato alla vicepresidenza del Csm prima che prevalesse Giovanni Legnini.

Proprio l'ex sottosegretario crea difficoltà nel Pd, perché i 16 togati non lo voterebbero al vertice, magari preferendogli Giuseppe Fanfani o l'ex ministro centrista Balduzzi. Così, la deputata Dem Anna Rossomando potrebbe entrare in gara al posto di Teresa Bene e circola voce che la professoressa non abbia i titoli, non essendo avvocato da oltre 15 anni, né docente di ruolo. Le divisioni Dem le dimostra la lettera di Franco Monaco ai colleghi, di «profondo dissenso» con le scelte del Pd sui 2 giudici costituzionali e gli 8 laici del Csm, che dovrebbero essere figure «autorevoli e connotate da terzietà».

L'altra spina nel fianco di Renzi è la prossima sessione di bilancio che «sarà durissima» per il viceministro dell'Economia Enrico Morando. L'opposizione ai tagli ha effettivamente già fatto una prima vittima: il piano di riduzione della spesa sanitaria. In un tweet il premier assicura che «revisione della spesa non significa tagliare la sanità», ma che le Regioni devono «spendere meglio i soldi che hanno».

Segno che le proteste dei governatori hanno colpito nel segno. Due giorni fa il presidente Sergio Chiamparino aveva tuonato contro i tagli, ieri ha apprezzato la dichiarazione di Renzi e proposto di trovare le risorse riducendo gli sprechi e razionalizzando le aziende ex municipalizzate. In ballo c'è il possibile taglio da 3 miliardi che dovrebbe colpire anche il fondo sanitario, intaccare i servizi e far aumentare i ticket.

Uno scenario che il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin vuole evitare: «Non bisogna fare allarmismi, ad oggi mi è stato chiesto il taglio del 3 % sulle spese del ministero e lo stiamo attuando». Il sacrificio che il dicastero sarebbe disposto a fare è al massimo di 40 milioni di euro, cifra lontana dai3 miliardi ipotizzati. L'obiettivo dei risparmi potrebbe avvicinarsi agli 800 milioni per il 2015 individuati dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli, che ieri ha confermato di voler uscire di scena dopo la legge di Stabilità.

Entro domenica sera, al massimo lunedì, tutti i ministri di spesa dovranno consegnare a Matteo Renzi la due diligence dei risparmi possibili nel proprio dicastero.

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