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Il capo delle toghe striglia i magistrati: basta processi mediatici

Il presidente della Cassazione Canzio attacca: «Indagini lunghe e troppe fughe di notizie»

Il capo delle toghe striglia i magistrati: basta processi mediatici

Si parla sempre di processi lunghi, ma sono anche le indagini che in Italia durano troppo: i pm sono al centro dell'attenzione, le fughe di notizie alimentano «processi mediatici» e l'opinione pubblica si forma soprattutto sulle ragioni dell'accusa, dimenticando la presunzione d'innocenza.

Il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, apre l'anno giudiziario puntando l'indice sugli inquirenti. Denuncia la «frattura tra gli esiti dell'attività giudiziaria e le aspettative di giustizia», parla di «disorientamento» per l'eccessivo tempo che passa tra indagini e le altre fasi giudiziarie. Denuncia «il pregiudizio costruito nel processo mediatico parallelo», con un sapiente flusso di informazioni fatto filtrare dalle procure. «In questa contraddizione - dice - s'annida il conflitto tra la giustizia attesa e la giustizia applicata, con il pernicioso ribaltamento della presunzione di innocenza dell'imputato».

Quello che Canzio condanna è un circolo vizioso, in cui il cittadino può essere condannato solo per essere inquisito, messo sotto accusa dai mass media oltre che dai pm, indicato al pubblico ludibrio prima che siano stati accertati dei reati. E alla fine, se si scopre che quel cittadino è innocente, spesso la notizia ha meno risalto sui mezzi d'informazione o comunque si scontra con un'idea contraria già consolidata, quasi viene respinta, come una contraddizione, una delusione, a volte un'ingiustizia. «L'opinione pubblica - spiega il primo presidente della Cassazione - esprime spesso sentimenti di avversione per talune decisioni di proscioglimento o anche di condanna, se ritenute miti, pronunciate dai giudici in casi che hanno formato oggetto di rilievo mediatico».

È l'eterno scontro tra garantismo e giustizialismo che Canzio rappresenta, nell'aula magna del Palazzaccio, dove siedono il capo dello Stato Sergio Mattarella e il suo predecessore Giorgio Napolitano, il nuovo premier Paolo Gentiloni e il vecchio ministro della Giustizia già nell'esecutivo renziano Andrea Orlando. Mancano per la prima volta i vertici dell'Anm, che disertano la cerimonia per protesta contro il governo, reo di non aver rispettato impegni presi su pensioni e trasferimenti delle toghe.

Anche il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, nella sua relazione parla del «ruolo smarrito» dei magistrati, della mancanza di fiducia che cresce nei cittadini, della necessità del «riserbo», definendo «grave» il fenomeno delle «fughe di notizie». Richiama all'«assunzione da parte di tutti di condotte consapevoli del proprio ruolo». E avverte: «Guai se la persona che comparirà davanti al suo giudice dovesse dubitare che questi non lo giudicherà con onestà intellettuale e serena obiettività».

Sulla linea di Canzio, quando critica i «processi mediatici», Ciccolo sottolinea che i magistrati hanno il «dovere» di evitare esternazioni sul loro lavoro» e particolarmente «delicate» (anche se raramente sindacabili in sede disciplinare, e il Pg è con il Guardasigilli proprio il titolare di questi giudizi), sono quelle «di carattere politico e quelle concernenti vicende processuali in corso». Soprattutto, quando si tratta di magistrati-star, molto conosciuti, per «il maggior impatto mediatico delle dichiarazioni». Il rischio, per Ciccolo, è che si diffonda la convinzione «che l'attività istituzionale del magistrato possa essere guidata da opinioni personali».

L'anno giudiziario, dunque, si apre con una pesante autocritica da parte dei vertici della Cassazione, per tutta la magistratura.

Un'autocritica che il sindacato delle toghe non sembra condividere.

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