Politica

Le capriole dei Cinquestelle per mascherare il nuovo condono

Arriverà con la legge di Bilancio esarà solo per gli evasori «poveri»

Gian Maria De Francesco

Roma «Gli evasori ringraziano per un condono, l'81esimo dall'Unità d'Italia, che rappresenta l'ennesimo sfregio ai contribuenti onesti. Malfattori del fisco si ritrovano così il cadeau di una totale impunità per tutte le loro malefatte». Sono passati quattro anni ma sembra trascorsa un'era geologica dal 18 ottobre 2014 allorquando i deputati Cinque stelle protestavano contro il governo Renzi per l'introduzione della voluntary disclosure, la procedura per denunciare i beni detenuti all'estero e non dichiarati al Fisco con uno sconto su sanzioni e interessi.

Ora la musica è cambiata perché M5S governa con la Lega e quest'ultima non intende rinunciare alla pace fiscale, cioè a condono tombale per estinguere le pendenze con le Entrate e con la Riscossione. «Il saldo e stralcio era anche nel programma del M5S e dice che le tasse si devono pagare, ma se a un certo punto tra le parti più deboli della società c'è chi non è riuscito a pagare ed è finito nel vortice Equitalia-Agenzia delle Entrate che non gli permette di ripartire, il principio saldo e stralcio gli dice questo: Chiudiamola così con un forfettario e puoi ripartire». Il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, ieri su La7 ha spiegato così la misura che dovrebbe essere varata con il collegato fiscale alla legge di Bilancio 2019, precisando che non è un condono perché «non riguarda i grandi evasori e i potentati del Paese come lo scudo fiscale che serviva a far rientrare i soldi della mafia al 5%, serve ad aiutare la gente che è rimasta sul campo».

Più che una doppia morale è un vero e proprio caso di disturbo bipolare traslato a livello politico. Il Movimento, infatti, è sempre stato molto ambiguo sulla questione: se i problemi con il Fisco attengono a un privato cittadino a basso reddito o a una pmi, il cattivo è lo Stato. Se, viceversa, a restare intrappolata è una persona facoltosa o una grande impresa, allora si ha a che fare con eversivi evasori.

Basti pensare all'attuale viceministro dell'Economia, Giulia Grillo che in piena stesura del contratto di governo tuonava: «Non si farà mai un condono, non è il bene della politica». Basta farlo diventare un «saldo e stralcio» e il condono diventa la bella politica. D'altronde, è anche una necessità oggettiva quella di incrementare le entrate per finanziare temporaneamente, trattandosi di una tantum, reddito di cittadinanza o riforma Irpef. Secondo i primi calcoli effettuati al Tesoro, si potrebbero ottenere circa 3,5 miliardi, un valore ben al di sotto dei 60 miliardi in due anni teorizzati dalla mente economica della Lega Armando Siri. Anche perché sarebbe intenzione non sovrapporre il condono con la rottamazione del governo Gentiloni.

Resta un dato di fatto: c'è da aspettarsi di tutto da un partito fondato da un comico che ha sempre lanciato anatemi contro gli evasori dopo aver aderito ai condoni del 2002 e del 2003.

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