Cronache

Carceri scuola di terrorismo: 300 a rischio radicalizzazione

Il Dap: 39 legati al jihad, gli altri già "avvicinati" Orlando: sono sotto controllo, ma si deve fare di più

Carceri scuola di terrorismo: 300 a rischio radicalizzazione

Roma - Carcere come palestra del terrorismo? Il rischio di radicalizzazione dietro le sbarre è una realtà e a dirlo è il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervistato ieri ad Omnibus in onda su La7. «Il carcere è un luogo di segregazione - dice il Guardasigilli - E dunque in prigione la radicalizzazione è più frequente e più semplice». Nelle carceri italiane il Dap, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, segnala la presenza di 39 detenuti radicalizzati, mentre sono almeno 300 invece quelli ritenuti a rischio di radicalizzazione. Cifre comunque confermate dallo stesso Orlando che parla di 30 persone «riconducibili a fatti di terrorismo» e di «300 a rischio». Tutti, assicura il ministro, «si trovano sotto controllo» e «vengono monitorati». Ma il percorso di avvicinamento al terrorismo inizia per molti proprio dietro le sbarre.

«Non sempre la radicalizzazione si realizza quando c'è un soggetto che ha già scelto la jihad - spiega il ministro - Spesso si entra per reati comuni e poi si finisce per assumere una nuova veste». Dunque importante «avere capacità di infiltrazione e di controllo all'interno di queste comunità».

È necessario anche che il mondo islamico moderato collabori. «Chiediamo aiuto all'Islam per contrastare la radicalizzazione all'interno delle carceri - prosegue il ministro - L'Islam europeo deve prendere una posizione chiara di condanna».

Orlando poi condivide l'analisi di Papa Francesco: «Il mondo è in guerra ma non è una guerra di religione». Il ministro ritiene che il Papa «faccia benissimo ad evitare la definizione di guerra di religione visto che una parte significativa di questi attentatori non uscivano dalle moschee ma dalle sale giochi delle periferie europee e avevano una vita assolutamente laicizzata, fino a pochi minuti prima del fenomeno di radicalizzazione». Certo innegabile che la religione giochi un ruolo ma, prosegue Orlando, «il Papa introduce un fatto nuovo mettendo in evidenza gli interessi di carattere geopolitico ed economico che ci sono dietro».

E sulla situazione di affollamento nelle carceri fa il punto come ogni anno l'associazione Antigone che si occupa del rispetto dei diritti negli istituti di pena. I detenuti sono di nuovo aumentati e soprattutto cresce il numero dei detenuti in custodia cautelare. Al 30 giugno del 2016 i detenuti presenti in carcere erano 54.072 contro i 52.754 dello scorso anno. È ancora lontano il record del 2010 quando le quasi 70.000 presenze nelle celle costarono all'Italia il richiamo dell'Europa. La capienza regolamentare delle carceri italiane stabilita dal ministero della Giustizia sarebbe infatti di 49.701 posti. Sono 18.908 i detenuti in custodia cautelare ovvero il 34,9 per cento della popolazione carceraria. Molti gli stranieri, uno su tre. Sono 18.166 e rappresentano il 33,5 per cento dei reclusi. In calo i carcerati rumeni, in aumento invece i marocchini. I detenuti che si professano cattolici sono 29.658, decisamente la maggioranza. Quelli che dichiarano fede islamica 6.138 e 2.263 gli ortodossi. Secondo Antigone i 19.812 detenuti con una pena residua inferiore ai tre anni potrebbero accedere alle misure alternative, decongestionando le celle. Prigioni affollate ma costose. In Italia infatti il costo giornaliero del sistema penitenziario è pari a 141,80 euro.

In Inghilterra è di 109 euro per 85mila detenuti; in Francia di 100 euro per 77mila detenuti; in Spagna 52 euro per 65mila.

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