Caro uomo ti scrivo...

Caro amante abbandonato, rivederti è dura

Ho avuto altri uomini ma nessuno goloso di me come sei stato tu

Caro amante abbandonato, rivederti è dura

Caro uomo tradito,

correvamo come pazzi al mattino presto per non perderci neppure un minuto del nostro stare insieme. Volevamo ciascuno vincere la gara del più grande desiderio dell'altro. Un giorno quasi ci scontrammo sul portoncino della nostra casetta segreta. Ancora trafelati e senza fiato ci toccavamo per essere certi di esserci trovati. I baci erano furiosi e violenti. Gli abbracci contenevano tutto l'amore del mondo. Non riuscivamo a parlare finché il piacere non ci aveva sorpreso più e più volte. E stremati. Poi accendevamo la musica di Madonna e Michael Jackson, una sigaretta per uno e cominciavamo finalmente a parlare. Di tutto quello che non avremmo potuto fare. Una passeggiata per mano nel parco, una vacanza al mare, una cena al ristorante, un giro di acquisti per le vie del centro. Quest'ultimo progetto era inattuabile, perché entrambi privi di soldi. Tutto il resto perché ero sposata. Ti ricordi come me ne vergognavo? Non di essere sposata, ma di essere un'adultera. Adultera e puttana. Trascorrevo tutte le mattine felice a fare l'amore e tutti i pomeriggi pentita della mia sfrontatezza. Ogni volta che ti salutavo mi dicevo che sarebbe stata l'ultima. Mi giuravo che non ti avrei cercato, che non sarei uscita da casa finché tu non te ne fossi andato rassegnato. E invece non mi lasciavi mai, trascorrevi le ore sotto le finestre della mia casa in attesa di un cenno, uno sguardo. Ero in uno stato perenne di eccitazione. Ti desideravo perché sapevo che mi desideravi. La tua voce al telefono mi sembrava ancora più risonante e ardente. Adoravo la tua voce perché capace di dirmi le cose più disparate, sempre con lo stesso timbro di sensualità aggressiva. Prepotente e tenera. La paura di essere sorpresa da qualcuno mi terrorizzava e mi eccitava contemporaneamente. Quando stavo con te c'era solo allegria. E sesso. Tanto sesso fino allo sfinimento. La musica che tu sceglievi con malizia e competenza, ancora oggi mi rinnova vibrazioni perdute negli anni. Ogni volta mi conducevi nei viaggi appassionati della tua fantasia che trasformavano quel mezzanino, prestato da un amico, nella calda Francia del sud, nell'odorosa Malesia, nell'infuocato deserto. Non potevamo farci vedere da nessuno, ma mi portavi dappertutto. E ogni giorno fingevamo di essere in un sontuoso ristorante del mondo. Vino bianco mignon e formaggio di capra ci portavano a Parigi, hotdog e Coca Cola a New York, sfilatino con la porchetta a Roma, un cartoccio di pesciolini e patatine fritte a Londra.

Otto mesi di carezze e risate, cibi e canzoni e poi ti ho lasciato per sempre. Di botto. Dalla mattina alla sera. E non ti ho mai più visto, se non per caso una volta. Credo che sia stato il gesto più crudele compiuto nella mia vita. Ero più che consapevole del tuo grandissimo amore per me, più che certa di darti un dolore estremo. Convintissima che mi avresti odiata per il resto della tua vita. Il tuo dolore è l'unico rimorso che ho. Non ho mai fatto una scelta di cui mi sia pentita. Sono sicura di non avere mai fatto volontariamente male a qualcuno. Ma mi vergogno di come ho tradito i tuoi sentimenti e la generosità del tuo amore. Ho trascurato te, noi, per privilegiare me. I miei valori rigorosi trasgrediti mi soffocavano ogni notte suggerendomi la decisione che ho combattuto a lungo. Alla fine hanno vinto loro. Sono tornata a essere una moglie perbene. Sarebbe stato più facile pensarci prima. Prima di perdermi nei tuoi entusiasmi, nella tua energia incontenibile, nella nostalgia feroce che avevo di te un minuto dopo averti lasciato. Mi sei mancato tantissimo e non sono più riuscita a immaginare la tua faccia allegra. Il mio rimorso deformava nella mente i caratteri del tuo volto, finché si trasformava in una maschera di disprezzo irridente verso di me. Lo meritavo tutto. L'orgoglio e l'amor proprio mi avevano indotto alla bonifica urgente della mia identità di donna, che doveva essere senza macchia, una moglie perfetta e inattaccabile. Non sopportavo l'idea di dovermi un giorno giustificare con mio marito, che pure era responsabile, per la sua accidia sentimentale, di avermi fatto trasgredire i miei principi. Ho voluto far rinascere la mia coscienza a tue spese, non giudicando neppure che tradire te, così fiducioso e oblativo, era molto più grave che tradire un marito distratto. Non so niente più della tua vita. Ti immagino marito e padre di persone felici come tu solo sai rendere gli altri. Io di uomini ne ho avuti ancora, e tutti hanno scontato la loro incapacità di essere golosi e avidi di me come lo sei stato tu.

È strano questo amore vissuto e non vissuto. Mai perduto nel nulla. Un sentimento che non ha avuto la possibilità di deteriorarsi nello sfilacciamento quotidiano del desiderio. Ci sono amori che durano tutta la vita, perché si interrompono all'apice del fulgore. Da qual momento diventano imperdibili, fieri nella perfezione. Qualcosa che nessuno può vedere e toccare e quindi sciupare. Un sentimento negato, eppure rimasto integro e mio. Impossibile usarlo, tradirlo, inquinarlo. Nel silenzio senza fine e gravido di pensieri che come lucciole appaiono incantate e poi spariscono senza che sia possibile afferrarle. Dopo tanti anni, un pomeriggio all'improvviso ci siamo visti contemporaneamente in una strada assordata e afosa. Un attimo di luce ci ha ferito, poi il passo affrettato di ciascuno verso l'altro. Un abbraccio impacciato e violento. La gioia ci ha portato subito a casa e a fare l'amore. In silenzio. Mi negavi la tua voce e mi parlavi con la dolcezza delle tue mani, col tuo respiro prepotente. Avevo temuto per tanti anni il tuo rancore e sentivo dal tuo corpo, incredula, fluire passione, invadente e generosa.

Mi guardavi tanto. Sorridente, in tralice, incupito, sospettoso, curioso, addolorato. Mi accarezzavi quasi riformulando il profilo del mio corpo. Mi baciavi con impeto e determinazione, quasi a voler timbrare ogni pezzettino della mia pelle. Ero pronta a una notte intera e poi forse al resto della vita con te. Invece te ne sei andato. Di botto. Mi hai abbandonata nuda e sola. Essere maschio vuol dire non soffrire e far soffrire gli altri. Così pensano i maschi. Mi hai trasferito la ferita bruciante che ti avevo inferto. In pratica ti sei vendicato. In un tempo molto lontano ti avevo fatto a pezzi, e sminuito. La tua disperazione era certamente evaporata nel tempo, ma il nostro incontro ti aveva forse procurato un nuovo tormentato contatto con quel dolore antico. E tu, invece di esplodere nell'ira, di rinfacciarmi il tradimento, hai messo alla prova il potere della tua passione. E mi hai reso tua per sempre.

Anche senza di te.

 

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