Lettere d'amore

Caro Cigno di Busseto, perché nasconde sotto le ali l'ardore del suo cuore?

La risposta di Pippo Baudo a Giuseppe Verdi

Caro Cigno di Busseto, perché nasconde sotto le ali l'ardore del suo cuore?

Confesso. Pur essendo un melomane, prima di questa lettera non avevo mai sentito parlare di Emilia Morosini. Sapevo che solo tre erano stati gli amori di Giuseppe Verdi: quello sventurato per Margherita, prima moglie scomparsa a soli 26 anni; quello maritale per l'ex ragazza-madre Giuseppina, seconda devotissima consorte; quello proibito (ma mai provato) per Teresa Stolz, giunonica amante. E ora scopro che il cuore d'un Verdi trentenne battè anche per questa contessa elvetica, meneghina d'adozione, le cui caratteristiche - in effetti - sono tutte tipicamente «verdiane». Emilia amava la musica, era di sentimenti risorgimentali (un figlio cadde da eroe accanto a Garibaldi) e teneva un salotto culturale cui Verdi era ammesso quale insegnante di musica delle sue cinque figlie. Ma non solo in quanto tale - evidentemente.

Perché quello della lettera qui accanto è proprio un amore da salotto: segreto, sconveniente, coltivato da un giovanotto ancora semisconosciuto ( Nabucco , suo primo successo, è dello stesso anno della missiva) per una donna sposata e madre di sei figli. Noi siamo abituati a pensare a Verdi come all'austero signore delle mille lire: uno che spira dirittura morale e severi costumi. E invece eccolo qui impetuoso e fremente, cotto a puntino come uno studentello qualsiasi. Ma terrorizzato all'idea che si capisca. Prima ricopre la sua bella con un profluvio di superlativi ingiustificati - tant'è che ricorre a metafore musicali, la «battuta d'aspetto», la «corona» - si ferma, cioè, per paura di spingersi troppo in là. Poi depista i sospetti parlando della visita a Rossini, della sua notorietà... Se anche Emilia era innamorata, figuriamoci cosa poteva interessarle tutto questo! E difatti lo studentello riesplode senza più trattenersi: «Io sono sempre tenero, appassionato, ardente, mezzo morto per Lei». Poi si blocca: saluta le figlie dell'amata, un bell'elenco, visto quant'erano: Annetta, Carolina, Peppina...

Caro Verdi - verrebbe da dire - ma chi vuoi pigliare in giro? Certo, leggere lettere simili fa sempre effetto. Mi domando cosa penserebbero gli autori di noi posteri, che ficchiamo il naso nei fatti loro. Anche se riconosco che sono documenti illuminanti. Questo, ad esempio, dimostra che bisogna avere molto amato, per saper parlare d'amore. Come farebbero altrimenti i musicisti a sublimare un sentimento in note? Come avrebbe potuto Verdi, che canta di Desdemona, una donna bianca che sposa un nero, di Violetta, una prostituta che si redime, musicarle a quel modo senza essere stato coinvolto, lui stesso, in situazioni «irregolari»? Il carteggio con Emilia, duecento lettere nell'arco di trent'anni, si protrasse anche durante il matrimonio con Giuseppina. Chissà; forse, passati i bollenti spiriti, anche Emilia, come già la Stolz, passò da (solo platonica?) amante, ad amica discreta. Magari con l'approvazione della stessa Giuseppina, moglie intelligente, oltreché devota. Il che conferma: dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna.

O - come in questo caso - addirittura quattro.

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