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"Caro Matteo, divorzia. La Lega con i grillini non c'entra niente"

L'ex sindaco sceriffo di Treviso Gentilini avvisa: "Base in rivolta, torniamo con Berlusconi e Meloni"

"Caro Matteo, divorzia. La Lega con i grillini non c'entra niente"

Rimane la vecchia anima della Lega. L'uomo che mantiene accesa la fiammella della legittima difesa. Federalista prima del federalismo. Sovranista prima dei sovranisti. In questi giorni in cui il Carroccio sta smarrendo l'identità, è utile ascoltare lo «sceriffo» di Treviso, Giancarlo Gentilini. Dal 1994 al 2014 sindaco e vicesindaco ininterrottamente. Se Donald Trump è presidente degli Usa il merito è più suo che di Steve Bannon, («Ha vinto con le mie ricette»).

Lo diciamo subito, per noi rimane sindaco per sempre.

«Su Treviso ho esercitato una dittatura democratica ma adesso si è conclusa».

La voce è quella antica.

«Mi muovo, parlo con la base. Ho 89 anni. Sempre presente quando c'è da spiegare l'azione della Lega. Ho dato tanto a questo partito».

La Lega, ultimamente, non sembra più la stessa. Ne conviene?

«Colpa di quel matrimonio innaturale. Ci sono matrimoni che vanno interrotti prima che sia troppo tardi. Matrimoni che non andrebbero mai celebrati».

Veniamo alla legittima difesa. Norma bandiera della Lega.

«Il vangelo secondo Gentilini è: Se entri in casa, io ti buco; Ogni cittadino è un corpo di guardia armato in casa. La proprietà privata va tutelata».

E infatti la Lega ha promosso la legge sulla legittima difesa ma...

«Ma la legge è troppo tiepida. La discrezione di decidere se la difesa è legittima rimane sempre al magistrato. La legge non deve essere interpretata da nessuno. Niente magistrati. Solo legge».

In verità, la Lega ha dovuto rimetterla nel cassetto per fare una cortesia a Di Maio.

«C'è solo Salvini a combattere come un leone. L'unico. Ma lo boicottano quelli là...»

E però, con quelli là, ci rimane al governo, anzi, non vuole sapere di rompere.

«Io mi chiedo: che c'entriamo noi con quelli?».

La vecchia destra è spaesata, non vi riconosce più.

«Noi siamo Dio, patria, famiglia».

E anche ordine, disciplina e rispetto.

«Vedo che ormai il vangelo secondo Gentilini è testo sacro».

Avanza il vangelo di Di Maio: assunzioni pubbliche, manette e reddito di cittadinanza.

«L'attesa è finita. La Lega nei territori sta battendo i piedi. La base non vuole questa alleanza. I leader si devono rendere conto che noi dobbiamo stare dove siamo sempre stati».

Ci dia la posizione, ci faccia da navigator.

«Ma è ovvio. Noi siamo destra e dobbiamo stare a destra. Nel vecchio centrodestra con Silvio Berlusconi, con Giorgia Meloni. Dobbiamo fare ritorno a casa. Io mi faccio sentire spesso con i maggiorenti».

Ma in questi tempi social i giovani non ascoltano.

«Sono un uomo di esperienza che ne ha viste tante. Ho combattuto i comunisti trinariciuti».

Oggi un nuovo fantasma si aggira in Italia, anzi, lo possiamo dire. In Europa: il grillismo.

«Io neppure so chi siano. Che hanno fatto nella vita?».

Bloccano le grandi opere, ostacolano la piccola e laboriosa iniziativa degli imprenditori che infatti sono in rivolta. Anche contro di voi.

«Così non va. Vedo troppi cantieri fermi, troppe opere bloccate. Si frena un Paese in questo modo. Ma io queste cose le dico anche a Salvini».

Ma lui si è invaghito di Di Maio. Gli ha promesso un sentimento durevole.

«Ma chi è Di Maio? Uno uscito dal nulla. Questi qua non hanno né arte e né parte. Come Lega stiamo soffrendo. Anche sull'autonomia dobbiamo tornare a farci sentire».

Mai come oggi, in politica, l'istituto del divorzio è in crisi.

«Ma ci sono momenti in cui si deve. Rompiamo con questi qua e torniamo al voto. Sfondiamo dappertutto. Sud, Nord, Centro. Salvini, sveglia!».

È un ordine dello sceriffo?

«Dittatore.

Democratico».

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