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Il Carroccio resta al verde. I giudici vogliono 49 milioni

Sì al sequestro dei conti. Il Riesame: «Il partito continua a beneficiare dei profitti conseguiti tra 2010 e 2012»

Il Carroccio resta al verde. I giudici vogliono 49 milioni

Roma - Il Tribunale del Riesame di Genova ha disposto il sequestro preventivo al fine della confisca delle somme di danaro presenti e future depositate sui conti della Lega Nord fino a raggiungere l'importo di 48,9 milioni ritenendo quei soldi il provento di una truffa ai danni dello stato in materia di rimborsi elettorali illecitamente percepiti tra il 2010 e il 2012. Si è trattato di una sentenza «politica» non solo per il totale ribaltamento degli argomenti presentati dalla difesa del Carroccio con la memoria degli avvocati Ponti e Zingari, ma anche per gli effetti del dispositivo che, di fatto, renderanno impossibile la prosecuzione dell'attività da parte del partito di Via Bellerio.

Come evidenziato nel Giornale di ieri, erano tre le tesi sostenute dai difensori della Lega per bloccare il sequestro. In primo luogo, la discontinuità - e la non punibilità - degli attuali vertici del movimento con quelli coinvolti nel procedimento. In secondo luogo, la totale liceità delle somme presenti sui conti correnti derivanti da donazioni dei militanti, dei parlamentari e del 2X1000. In ultima istanza, si ribadiva la necessità di maggiore tutela per un soggetto di rilevanza costituzionale come il partito politico.

La sentenza del Riesame, invece, ha toccato un tasto abbastanza «populista» controbattendo che «non solo non esiste alcuna norma che stabilisca ipotesi di immunità per i reati commessi dai dirigenti dei partiti politici, ma anzi esiste una precisa disposizione di legge che impone la confisca addirittura come obbligatoria». Tale presa di posizione è ulteriormente rafforzata dal fatto che «nel procedimento di merito definito con sentenza di condanna sono parti civili i massimi Organi costituzionali di rappresentanza popolare (Camera e Senato), il che evidentemente esclude ogni possibile violazione delle prerogative democratiche in relazione all'esecuzione della confisca disposta in sentenza», ha sottolineato il Tribunale presieduto da Roberto Cascini.

Respinto anche il riferimento alla sentenza del 28 giugno 2018 della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell'uomo circa la non estendibilità di una confisca a un soggetto diverso da quello coinvolto nel dibattimento. Il Riesame ha eccepito la diversità delle fattispecie del reato che nel caso della Lega è più grave (truffa allo Stato) e pertanto prevede la confisca come mezzo per «assicurare allo Stato il profitto del reato ricercandolo ovunque e presso chiunque sia confluito».

Idem per la provenienza delle somme. «Lo stesso Tribunale dibattimentale - osservano i giudici - aveva espressamente ritenuto che nella fattispecie il profitto del reato fosse aggredibile indipendentemente dalla prova di un nesso pertinenziale diretto con il reato». Di qui la politicità della sentenza in quanto l'interpretazione della legge è letterale e ortodossa e si considerano la Lega di Bossi e quella di Salvini come un unicum. Dunque anche quelle erogazioni liberali sono considerate alla stregua del profitto di un reato.

La Procura aveva sequestrato circa 3 milioni, mentre sui conti della Lega la disponibilità è di circa 5 milioni. Vi sono alcuni dubbi interpretativi sull'esecutività della sentenza e, dunque, sulla possibilità che la Finanza, su ordine della magistratura, possa procedere all'ulteriore sequestro. «Non ho nulla da rispondere.

Non entro nelle polemiche», ha dichiarato il procuratore capo Francesco Cozzi in merito alle critiche avanzate da Matteo Salvini.

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