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La carta del nemico per un Poroshenko in crisi di consensi

La carta del nemico per un Poroshenko in crisi di consensi

Un tempo era il re dei cioccolatini, oggi è l'icona delle illusioni di Maidan. Certo vendere dolcetti quando il mercato spaziava da Kiev a Mosca era più facile che rispettare le promesse fatte a un'Ucraina tagliata fuori, nonostante le promesse, sia dai mercati russi sia da quelli europei. Le colpe del presidente Petro Poroshenko a cinque anni dalla cosiddetta «rivoluzione» destinata, nei sogni, a portare l'Ucraina nell'orbita Ue non si fermano qua. La sua richiesta, approvata dal Parlamento dopo lo scontro navale con Mosca nello Stretto di Kerch, d'introdurre la legge marziale per 30 giorni in dieci province è stata accolta con molta diffidenza dai sui concittadini.

Per l'opposizione il provvedimento punta più a evitare una sua sconfitta alle presidenziali del prossimo marzo che non a scongiurare gli oscuri piani d'invasione russi denunciati dallo stesso Poroshenko. Giocando sul pericolo russo e riproponendosi come salvatore della patria l'ex oligarca punterebbe a riconquistare credibilità e sconfiggere i sondaggi che lo danno perdente con percentuali non superiori al 15%. Ma recuperare consensi non è facile. Per molti ucraini Poroshenko resta il principale responsabile della mancata lotta alla corruzione. Accuse rese ancor più evidenti dalla tragica fine di Kateryna Handzyuk, la 33enne militante dei diritti civili morta il 4 novembre dopo un misterioso e impunito attacco con l'acido solforico. Paladina della lotta alla corruzione la Handzyuk puntava il dito contro le complicità di polizia e ministero dell'Interno. La sua morte, seguita da violente proteste a Kiev, è la punta dell'iceberg rispetto alla cinquantina di attacchi subiti, stando ad Amnesty International, dai militanti anticorruzione nei primi nove mesi del 2018. Per l'opposizione quegli attacchi restano impuniti non solo in virtù del blocco delle indagini garantito dal ministro degli interni Arsen Avakov e dal procuratore generale Yuriy Lutsenko, ma anche grazie alla copertura politica offerta ai due dalla maggioranza parlamentare fedele a Poroschenko. Allarmata da queste denunce l'Ue ha prende le distanze sottolineando in un rapporto come la riforma del potere giudiziario non abbia favorito né il ricambio dei funzionari, né moltiplicato le indagini sulla corruzione.

Il fallimento più eclatante resta però quello economico. Nonostante un Pil balzato al 3% dopo anni di risultati negativi, Kiev necessita di un quinquennio di crescita ininterrotta solo per tornare ai livelli del 2013. In tutto questo Poroshenko sembra l'unico a non subire contraccolpi. Anche all'apice della crisi post-rivoluzione il suo patrimonio superava i 970 milioni di dollari con un incremento del 20% che ne faceva uno dei sei uomini più ricchi dell'Ucraina.

Non male per il presidente di un Paese dove, dopo la rivoluzione, il rapporto tra debito pubblico e Pil, per usare un'unità di misura familiare agli italiani, è quasi raddoppiato salendo dal 36,6 al 71,8%.

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