Politica

Casaleggio santo subito: da spione a guru visionario

Dopo la scomparsa, cambiano i giudizi sul fondatore dei 5 Stelle: dalle accuse di controllare la posta dei suoi a profeta della politica

Casaleggio santo subito: da spione a guru visionario

Roma C'eravamo tanto odiati.

Ma la morte, lo si sa, è quella livella attorno alla quale fa festa l'ipocrisia di chi resta. Spettacolo di vanità, fiera del bugiardo seriale che si annida in ogni politico, potenza delle parole virtuali (altro che web). E allora, ecco come per magia diventare «visionario» l'ambiguo motto per il cordoglio tributato a Gianroberto Casaleggio. Passato a miglior vita e, nel contempo, trapassato da visionario nel senso di «folle» a visionario nel senso di «protagonista politico innovativo e appassionato» (Mattarella) da «vero innovatore con una visione di futuro» (Alfio Marchini) «con una personalità controversa ma anche forte e capace di portare cose nuove» (Bersani), «un genio comunicativo» (Pagano, Ncd). Per dirla tutta, cioè in un unica cazzata universale, dunque degna di Gaia: «Tutta la politica è unita nel dolore» (Colaninno, Pd). Persino, si supporrebbe, quel senatore Pd Stefano Esposito, che aveva tacciato il defunto d'essere «spione» per la pretesa di controllare la posta dei deputati grillini addirittura in un'interrogazione.

Lui, ne avrebbe sorriso a mezza bocca, meglio se lontano dalle telecamere. Sapendo che tanta generale pruderie mira solo a non essere additati come nemici giurati del «caro estinto» e poter così ambire un giorno a qualcuno dei quasi nove milioni di voti di M5S. In alternativa, a stringere qualche accordo con i capetti. Esemplare, nel contesto, il geniaccio toscano che del Pinocchio collodiano interpreta la versione di Rignano sull'Arno. Intento a esprimere, più volte, in queste ore di viaggio a Teheran, il personale cordoglio e quello dell'intero governo a tutti i livelli «anche nome del Pd» a chiunque abbia avuto a che fare con il Gran Santone: «alla famiglia di Casaleggio, al M5s e a Beppe Grillo e a tutta l'esperienza che da Casaleggio ha tratto origine in questi anni». Cui il premier Matteo Renzi si sente «vicino» nonostante il «radicale dissenso che c'è stato» (non può negarlo, c'è stato, ma ora non più per fortuna). Vicino? Di più: «vorrei esprimere un sentimento di piena prossimità», dice Matteo. Ora, a parte che la prossimità col morto, dichiarata dall'ambasciata italiana in Iran, avrebbe tramutato in sghignazzo il mezzo sorriso di cui s'era detto; la «prossimità» dev'essere la stessa che avvertiva Renzi qualche tempo fa, quando temeva il sorpasso del M5S e replicava in tv (Otto e mezzo della Gruber) alla pretesa grillina di voler andare, un giorno, al governo come ministri. «Per ora i ministri li scelgo io, e non ci sono né Grillo né Casaleggio. Abbiamo bisogno di persone serie. Casaleggio mi inquieta, ha detto che tutto ciò che è virale diventa vero... È il tipico gioco della vecchia politica...».

Più che prossimità, diceva ieri un affranto Dario Fo, «Casaleggio e Renzi sono agli antipodi, dal punto di vista morale e intellettuale». Impressione rafforzata senz'altro da un illuminante libretto (Insultatemi, Casaleggio Associati 2013) nel quale il preveggente Vate aveva messo in fila tutti gli epiteti a lui rivolti in virtù del successo del Movimento: da «autistico» a «massone», da «paronoico» a «coreografo nazi», a «oscuro» (Orfini aveva parlato della Casaleggio come «un'oscura società di marketing»).

Una risata li seppellirà.

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