Politica

CasaPound lascia la politica dopo il flop alle elezioni

Addio partito, rimane solo il movimento. Il presidente Iannone: "Ma restiamo sovranisti". Oggi l'annuncio

CasaPound lascia la politica dopo il flop alle elezioni

«Chiudete CasaPound, sciogliete CasaPound»: dalla sinistra ai pentastellati ci hanno provato tutti - anche con esposti come quello con cui l'Anpi ha presentato denuncia alla procura di Roma chiedendo lo scioglimento - ad affossare il movimento politico ritenuto «fascista» che alle ultime elezioni si è guadagnato lo 0,3 per cento di voti. Oggi, dai vertici del partito più attaccato d'Italia, a poche ore dalla decisione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, di far togliere la scritta in marmo sulla facciata dello stabile occupato di via Napoleone III, arriva l'annuncio ufficiale e inaspettato: «Abbandoniamo l'esperienza elettorale, ma la battaglia per il sovranismo continua».

È dalle parole del presidente di CasaPound, Gianluca Iannone, che si apprende quella che è la scelta: «In seguito all'esperienza delle ultime elezioni europee - chiarisce - e al termine di una lunga riflessione sul percorso del movimento dalla sua fondazione a oggi, CasaPound Italia ha deciso di mettere fine alla propria esperienza elettorale e partitica. La decisione di oggi non segna affatto un passo indietro, da parte del movimento - tiene a dire ancora -, ma anzi è un momento di rilancio dell'attività culturale, sociale, artistica, sportiva di Cpi, nel solco di quella che è stata da sempre la nostra identità specifica e originale». Per Iannone questa «sarà anche un'occasione per tornare a investire tempo ed energie nella formazione militante, particolarmente essenziale, dati i nuovi pruriti liberticidi della sinistra».

Quindi CasaPound verrà sciolta? Tutt'altro: «Tale decisione - tiene ancora a dire Iannone -, non significa che intendiamo disertare la battaglia sovranista e identitaria. Al contrario, Cpi intende sfruttare il suo bagaglio di vivacità culturale, radicamento sul territorio ed energia militante per contribuire a quella che resta la sfida cruciale da qui ai prossimi anni, dialogando con tutte le forze che si oppongono alle follie globaliste e hanno a cuore i destini della nazione». I molti eletti a livello locale e le 140 sedi sparse su tutto il territorio nazionale resteranno inoltre avamposti politici per portare avanti le battaglie di Cpi. E dai partiti dell'area di centrodestra, soprattutto quelli più sovranisti, come la Lega, qualcuno già inizia ad avanzare proposte e a strizzare l'occhio alla nuova realtà.

Nella giornata di oggi sarà data comunicazione ufficiale della decisione. Il cambiamento passa dal sovranismo, ma da CasaPound fanno sapere che uno dei tanti termini da loro coniati elettoralmente parlando diventa, attraverso meccanismi mass mediatici costruiti per rappresentare il loro recinto, «l'attributo di una area della quale Casapound non può far parte».

E poi l'attacco a chi ha sempre cercato di distruggere il movimento: «Mai avevamo assistito a un dibattito politico anche se sarebbe meglio dire di cronaca giudiziaria quasi costantemente incentrato, in epoca di povertà, austerity, crisi economica decennale e scippo di sovranità nazionale, su un movimento che, dati elettorali alla mano, tutto rappresenta fuorché un reale rischio di occupazione maggioritaria delle istituzioni». E proseguono: «Assistiamo oggi, semi impotenti, al paradosso per il quale il terremoto politico/istituzionale che dovrebbe investire il terzo potere dello Stato, la magistratura, passa in secondo piano davanti al palazzo occupato di via Napoleone III».

La conclusione, quindi, è che l'esperienza partitica di CasaPound si conclude, ma i militanti continueranno a lavorare, dicono, pronti ad affrontare un nuovo cammino, sempre sotto la stessa stella: «Quella - specificano - dell'amore incondizionato verso la grande Nazione che si chiama Italia».

Commenti