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Caso Consip, Gabrielli: "Io servo dello Stato, non del governo"

Il capo della polizia, Franco Gabrielli, attacca: "Mi offende leggere le motivazioni con cui il Csm raccomanda al plenum di sollecitare il governo Gentiloni a modificare la norma che ha introdotto l'obbligo per la polizia giudiziaria di trasmettere alla scala gerarchica notizie sulle informative di reato"

Caso Consip, Gabrielli: "Io servo dello Stato, non del governo"

"Mi offende come servitore dello Stato aver dovuto leggere in questi giorni le motivazioni con cui la sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura raccomanda al plenum di sollecitare il governo Gentiloni a modificare la norma che, lo scorso agosto, ha introdotto l'obbligo per la polizia giudiziaria di trasmettere alla scala gerarchica notizie sulle informative di reato e sui loro sviluppi". Il capo della Polizia Franco Gabrielli, intervistato da Repubblica, definisce quella norma un tentativo fraudolento di sterilizzare l'azione della magistratura" e "una grave interferenza nel segreto delle sue indagini".

"Come se il sottoscritto e i vertici delle forze dell'ordine non avessero giurato fedeltà alla Costituzione, ma alla maggioranza di governo del momento", attacca Gabrielli che sottolinea che per Carabinieri e Guardia di Finanza lo stesso obbligo di riferire ai superiori esiste già da tempo."Per quanto mi riguarda - aggiunge quindi Gabrielli -, non avevo certo bisogno di una legge per acquisire notizie dalla polizia giudiziaria. Il capo della Polizia, da sempre, quelle notizie le ha". Ora, con la legge, "questo flusso informativo di notizie riservate è trasparente, regolamentato, dunque fissa delle responsabilità in capo alla catena gerarchica". La verità, conclude Gabrielli "è che quella legge non serve né al presidente del Consiglio, né ai colletti bianchi che finiscono sotto inchiesta. Serve a impedire che gli ufficiali di polizia giudiziaria si trovino stretti tra un pm e la loro catena gerarchica".

Il capo della polizia, poi, parla del comportamente della procura di Roma sulla vicenda Consip che dimostrebbe l'esatto contrario. "Se la trasmissione delle notizie - precisa - in via gerarchica è disciplinata e quindi trasparente, viene sottratta a prassi non scritte e opache. A ricatti o paranoie. Rende le responsabilità chiare".

Gabrielli conclude spiegando che: "il livello di disonestà intellettuale utilizzato nella vicenda Consip per sostenere che in questo Paese esistono pochi cavalieri bianchi le cui mani vengono legate da vertici di Polizia corrivi con la Politica e le sue convenienze, servi di un progetto eversivo che avrebbe dovuto cambiare prima la Costituzione e poi mettere in un angolo la magistratura, è pari solo allo sconforto che provo pensando al pregiudizio da cui questa falsità muove".

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