Cronache

Caso Ragusa: il marito dovrà tornare alla sbarra

La Cassazione nelle sue motivazioni sconfessa l'operato del Gup

Caso Ragusa: il marito dovrà tornare alla sbarra

Il Gup ha agito ben oltre le sue competenze e l'innocenza dell'imputato non emerge «in modo evidente» dall'indagine. Ancora un colpo di scena nella vicenda della scomparsa di Roberta Ragusa, la donna residente a San Giuliano Terme (Pisa) della quale si sono perse le tracce dalla notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012. Questo, almeno, è quanto sostiene la Corte di Cassazione, che ieri ha depositato le motivazioni con cui spiega perché lo scorso 17 marzo ha annullato con rinvio il non luogo a procedere contro il marito, Antonio Logli, che quindi dovrà tornare a giudizio.

Una decisione, quella della Suprema Corte, di senso profondamente contrario rispetto al pronunciamento del Gup di Pisa del 6 marzo 2015, contro cui i Pm di Pisa e i familiari di Roberta Ragusa avevano presentato ricorso. In particolare, i giudici romani hanno stigmatizzato il comportamento del giudice per l'udienza preliminare, che avrebbe compiuto «una valutazione piena e definitiva sulla colpevolezza dell'imputato, non consentita nella fase dell'udienza preliminare». In altre parole, il Gup avrebbe agito oltre le sue prerogative, nel dichiarare Antonio Logli innocente de facto. «Il magistrato scrive ancora la Corte di Cassazione ha svolto un giudizio di merito sugli elementi probatori offerti dall'accusa, così sostituendosi in modo surrettizio al giudice del dibattimento, al quale solo spetta stabilire se l'imputato possa o meno ritenersi colpevole». In questo modo, secondo i supremi giudici, il Gup avrebbe negato il confronto in dibattimento dei vari testimoni e degli altri elementi di prova, comprimendo «il diritto alla prova dell'accusa ed anche i diritti della difesa e delle altre parti».

In sede di udienza preliminare, insomma, si sarebbe registrata una palese violazione delle norme del codice di procedura penale. Da qui la decisione di accogliere il ricorso del Pm pisano e dei familiari della donna, anche in virtù del fatto prosegue il testo della sentenza che è possibile escludere «ipotesi alternative alla fine violenta della donna, circostanza da ritenersi del tutto logica e coerente col compendio indiziario» raccolto nell'indagine che vede protagonista Antonio Logli. Dal canto suo, il Gup non escludeva invece l'allontanamento volontario da casa della Ragusa. Ma la Corte ha definito «carenti e illogiche» le motivazioni che stavano per sottrarre Logli al processo, parlando di errori «metodologici» nel non effettuare una disanima globale e unitaria degli indizi. Sia i familiari di Roberta Ragusa che l'associazione Penelope avevano evidenziato come le dichiarazioni di alcuni testimoni non fossero state messe dal Gup in relazione al resto del materiale investigativo. Alla luce della decisione della Suprema Corte, infine, dovrebbe essere ascoltata anche Sara Calzolaio, con la quale è emerso che Logli avesse da anni una relazione extraconiugale.

L'uomo dovrà tornare alla sbarra con l'accusa di omicidio volontario e distruzione di cadavere.

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