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Caso Vespa, l'editto della Rai "Supervisione sui giornalisti"

Dopo la puntata con Riina jr, i vertici della tv di Stato scaricano il conduttore. Il dg Campo Dall'Orto: da settembre informazione controllata

Caso Vespa, l'editto della Rai "Supervisione sui giornalisti"

Roma - Il giorno dopo la discussa intervista a Salvo Riina, figlio del boss dei boss, in commissione Antimafia va in scena il processo a Bruno Vespa. Convocati di fronte al parlamentino sono il presidente della Rai Monica Maggioni e l'amministratore delegato Antonio Campo Dall'Orto. Un appuntamento che si trasforma in un'occasione per emettere da parte dei parlamentari del Pd, di Sel e di M5S una sorta di condanna senza appello del conduttore, privo a loro dire del pedigree giornalistico per una intervista di inchiesta. Ma anche e soprattutto nel palcoscenico davanti al quale Antonio Campo Dall'Orto annuncia un cambio di rotta per il servizio pubblico radiotelevisivo e una stretta sulla libertà consentita alle trasmissioni giornalistiche di trattare determinati temi.

«È una fase di transizione dove il direttore editoriale Verdelli è in carica da circa tre mesi. Prima abbiamo deciso di occuparci dell'informazione giornalistica in senso stretto, ovvero delle testate. Poi da inizio settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori sui contenuti giornalistici. Da quel momento si dovrà decidere insieme». Una facoltà di intervento da parte dei vertici Rai sull'autonomia delle singole trasmissioni potenzialmente foriera di pericolose implicazioni che in altri tempi avrebbe provocato inevitabili polemiche e proteste.

Campo Dall'Orto spiega come dopo l'ospitata dei Casamonica e i fatti di Parigi sia nata la decisione di istituire una «direzione per l'informazione». «Non è più pensabile distinguere l'informazione dall'infotainment», dice l'ad ricordando che il direttore Carlo Verdelli è in carica da circa tre mesi. «In questo caso Verdelli ha preso una decisione su un contenuto che si è trovato sul suo tavolo, domani bisognerà agire all'origine sulla scelta di cosa fare o non fare».

Rispetto al «caso Vespa» il presidente Rosy Bindi assume subito un profilo di attacco frontale, criticando un'intervista «che ha prestato il fianco al negazionismo e al riduzionismo». Una linea su cui si attestano sia il Pd che il Movimento cinquestelle concentrati su alcuni tasti ricorrenti. In particolare se le domande fossero state concordate, se ci fossero «regole di ingaggio» pre-ordinate e se il figlio di Riina sia stato pagato. Viene anche contestata l'idea di una puntata riparatrice, ma i vertici Rai spiegano che non si tratta di questo ma «di un ulteriore approfondimento sul tema della mafia».

Sia Campo Dall'Orto che la Maggioni chiariscono che per l'intervista «non è stato corrisposto alcun pagamento. Le domande sono state fatte in libertà. La liberatoria è stata firmata soltanto alla fine», un punto questo che solleva diverse polemiche. Il presidente della Rai condanna, comunque, il tono complessivo dell'intervista. Tante cose «rendono insopportabile il contenuto. Dall'inizio alla fine è stata un'intervista da mafioso, quale è il signor Riina». La Maggioni, però, ferma la sortita polemica di Lucrezia Ricchiuti del Pd: «Non posso sentir dire da quest'aula che Bruno Vespa è un portavoce della mafia.

È inaccettabile».

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