Cronache

La Cassazione spalanca le porte: "Vietato espellere migranti gay"

Protezione sussidiaria garantita se il Paese d'origine non protegge lo straniero dall'intolleranza delle persone

La Cassazione spalanca le porte: "Vietato espellere migranti gay"

Sì alle richieste di asilo dei migranti omosessuali. Da ieri la Cassazione fissa un ulteriore paletto a tutela degli stranieri che pur non scappando da Paesi in guerra possono ottenere in Italia la protezione sussidiaria - quella umanitaria è stata abolita da Salvini - per il loro orientamento sessuale.

Va detto che esisteva già una giurisprudenza consolidata nei tribunali italiani e nelle commissioni territoriali che in questi anni hanno concesso la protezione a migranti che una volta giunti in Italia si siano dichiarati - in modo attendibile - gay e pertanto a rischio nel loro Paese per motivi di intolleranza. D'ora in poi invece non solo va data, dice la Suprema corte, a chiunque per il suo orientamento omosessuale corra dei pericoli (in molti Stati africani tale orientamento sessuale è considerato un reato). Ma va garantita anche nel caso in cui il Paese in questione non protegga abbastanza il migrante minacciato dall'intolleranza di familiari o concittadini.

I giudici della Cassazione hanno accolto così il ricorso presentato da un ivoriano che si era visto rigettare la richiesta di asilo sia dalla commissione territoriale di Crotone sia dalla corte di Appello.

L'uomo, musulmano, sposato con due figli, era stato «oggetto di disprezzo e di accuse da parte di sua moglie e di suo padre, imam del paese» per una relazione gay. Per questo aveva denunciato «la discriminazione e l'assenza di effettiva protezione delle persone omosessuali in Costa d'Avorio da parte delle autorità statali». La commissione però non aveva ravvisato i presupposti per concedergli la protezione sussidiaria, «considerato l'ambito strettamente familiare delle minacce» e il fatto che «in Costa d'Avorio, al contrario di altri Stati africani, l'omosessualità non è considerato un reato». Decisione che era stata confermata dalla corte di Appello. Ma che è stata ribaltata infine dalla Cassazione. Per negare l'asilo non basta accertare, scrivono i magistrati, che nel Paese di origine del migrante non ci siano «norme che vietino direttamente o indirettamente i rapporti tra persone dello stesso sesso». Va verificato anche «se lo Stato, in tale situazione, non possa o voglia offrire adeguata protezione alla persona omosessuale e dunque se questi possa subire la minaccia grave e individuale alla propria vita o alla persona, e dunque l'impossibilità di vivere nel proprio Paese di origine». Negli anni scorsi sono stati molti i casi in cui le commissioni territoriali non hanno considerato attendibili, ma strumentali, le dichiarazioni di omosessualità degli stranieri e dunque ne hanno rigettato la domanda. Ora si tratterà anche di compiere una verifica ulteriore. Se il migrante non corre pericoli nel suo Paese perché lì l'omosessualità non è un reato, potrebbe correrne però per il contesto familiare e per le minacce provenienti da parenti o altri cittadini.

In tal caso gli va concesso sempre il permesso di restare in Italia.

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