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La casta dei giudici di Milano si autoassolve sui propri appalti

Sotto accusa oltre 12 milioni di commesse. Corte dei conti e Anac si rimbalzano la pratica. Che ora finisce a Venezia

La casta dei giudici di Milano  si autoassolve sui propri appalti

Sono abituati a giudicare, adesso si ritrovano sotto tiro: e cose inconsuete accadono nel tribunale di Milano da quando l'Autorità Anticorruzione ha messo sotto accusa spese pazze e appalti disinvolti nel nome di Expo. Soldi che dovevano servire a migliorare l'efficienza della giustizia milanese; che sono stati, invece, sperperati in larga parte in spese inutili; e che sono comunque tutti andati ai soliti noti, saltando qualunque procedura di gara pubblica.

Tutti i venticinque presidenti di sezione sono stati convocati dal presidente, Roberto Bichi, per organizzare la linea difensiva. Si chiudono in un'aula, all'uscita non rispondono. Facce tirate, clima alla Todo Modo. Bichi dirama un comunicato rivendicando l'onestà del tribunale di Milano e scaricando la grana: «Non eravamo noi la stazione appaltante», cioè non abbiamo assegnato noi i lavori. E così cerca di lasciare il cerino in mano in parte al ministero della Giustizia, in parte al Comune di Milano, retto all'epoca da Giuliano Pisapia. Ma il Comune ha in mano carte che spiegano come gli appalti siano stati gestiti seguendo proprio le indicazioni dei giudici.

Una rogna gigantesca, insomma, che si è cercato di insabbiare. A tirare fuori i documenti che raccontano le malefatte in tribunale nel nome di Expo sono il 2 luglio 2014, quasi tre anni fa, il Giornale e il blog Giustiziami. Carte che non è stato facile avere: l'allora presidente della Corte d'appello Giovanni Canzio, ora primo presidente della Cassazione, si era rifiutato di consegnarle alla stampa; il funzionario del Comune addetto agli uffici giudiziari, Carmelo Maugeri, aveva sostenuto che andavano secretate. Alla fine era stata l'assessore ai Lavori pubblici del Comune, Carmela Rozza, a dare in visione il malloppo. E si era capito il perché di tanta discrezione: dodici milioni e mezzo di lavori, e neanche una gara d'appalto. Nel tempio della giustizia era come se le leggi non esistessero.

Il 2 luglio 2014 il Giornale e Giustiziami divulgano i documenti. Nei mesi successivi, approfondiscono la vicenda con altri articoli. Incredibilmente, nulla accade. La Procura della Repubblica, sempre pronta a aprire inchieste, non muove un dito. L'Autorità nazionale Anticorruzione, così solerte a indagare quando ci sono di mezzo dei politici, adesso che di mezzo ci sono magistrati fa finta di niente: d'altronde il suo capo, Raffaele Cantone, è anche lui un magistrato (in aspettativa). Tace la Corte dei Conti. Un muro di gomma.

Bisogna aspettare l'estate scorsa perché Marta Malacarne, che regge la Corte d'appello dopo la promozione di Canzio, e il nuovo procuratore generale Roberto Alfonso, decidano che si è taciuto troppo, e mandano una lettera all'Anticorruzione. In febbraio Cantone manda la Finanza in Comune. E ora stende un rapporto in cui si scopre che in un anno l'Anticorruzione non ha scoperto niente di nuovo: le irregolarità sono le stesse denunciate per filo e per segno dal Giornale. Diciotto appalti, in buona parte finiti a Finmeccanica attraverso Elsag, in parte a un altro colosso della stessa orbita, la Net Service di Bologna, tutti senza gara. A volte le gare vengono eluse col pretesto della «continuità» con lavori precedenti, a volte usando lo schermo della Camera di Commercio.

Ma adesso chi indagherà? Cantone manda le carte alla stessa Corte dei Conti che da tre anni ha insabbiato un'altra inchiesta sugli sprechi giudiziari milanesi; e alla Procura di Milano, che apre lunedì scorso un'indagine «contro ignoti». Siccome a decidere furono all'epoca magistrati milanesi, il fascicolo in realtà dovrebbe andare per competenza alla Procura di Brescia, dove però è ora presidente della Corte d'appello Claudio Castelli, che delle operazioni milanesi fu uno dei registi. Quindi il fascicolo dovrebbe approdare addirittura a Venezia.

Sarà un lungo psicodramma, quello che sta per investire il palazzaccio milanese.

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