Politica

Catalogna, Puigdemont alla porta

Vuole rientrare dall'esilio per l'investitura, ma i giudici lo bloccano

Manila Alfano

Aveva provato anche a farsi arrestare, Carles Puigdemont, pur di rientrare a Barcellona in tempo per martedì, il giorno in cui dovrebbe essere investito. Il presidente ribelle che ha trascinato la Catalogna, la regione più florida della Spagna, sull'orlo del baratro Madrid ne ha sospeso il suo governo, decisione gravissima e soffertissima: mai era successo prima. Eppure il premier Mariano Rajoy non ha avuto altra scelta dopo la dichiarazione di indipendenza. Puigdemont -dal canto suo- ha preferito darsi alla fuga. A differenza dei suoi compagni che sono stati arrestati (e al momento si trovano ancora in carcere), lui è volato a Bruxelles dove ha trovato rifugio. Ricercato in Spagna con l'accusa di ribellione. Chiara la sua strategia. Tenere accesi i riflettori su di lui, guai scomparire, tenere alta l'attenzione sulla ricca regione che chiede e non ottiene di potersi separare dalla madre patria, facendo leva su diritti negati e fascismo. Parole grosse. Grossisime. Investire l'Unione Europea, tirarla per la manica e chiedere a lei di intervenire, a sbloccare un ingorgo in un vicolo cieco. E invece niente. L'Europa che chiude le porte, la Merkel in testa che risponde all'invito: proprio no. Noi siamo con la legalità, con Rajoy. In questi mesi di latitanza Puigdemont, figlio prodigio di una famiglia di pasticceri, ha tentato di tutto. L'ultima mossa anche il tentativo di farsi arrestare lasciando il Belgio per partecipare ad una conferenza all'università di Copenaghen. Lo sconfinamento punito con un mandato d'arresto spagnolo. Lui lo sapeva e ha fatto il suo gioco. Così sarebbe tornato in patria, da martire, rientrando così nel gioco politico. E invece il giudice- ha fiutato la trappola e non ha mosso un dito. Il presidente sospeso si è fatto il suo viaggio in Danimarca, riflettori e giornalisti addosso. Ma niente poliziotti ad arrestarlo. La Spagna aspetta paziente. E il tempo non è che dalla sua parte. Martedì la sessione del Parlamento regionale catalano, durante la quale dovrebbe essere rieletto presidente della Generalitat. Lui infatti resta l'unico candidato per la presidenza regionale. Ma difficile che ciò avvenga se lui non potrà essere a Barcellona. Il governo spagnolo aveva già contestato la sua nomina alla corte, affermando che un «fuggiasco» non può guidare un parlamento regionale.

La Corte Costituzionale spagnola ha annunciato di aver sospeso l'investitura di Carles Puigdemont a presidente del governo regionale catalano, accogliendo il ricorso del governo spagnolo. I rappresentanti della Corte hanno deciso all'unanimità «di sospendere preventivamente l'investitura di Puigdemont a meno che non compaia di persona nel parlamento (catalano) con previa autorizzazione giudiziaria». «Il dibattito e la votazione per l'investitura di Carles Puigdemont non potranno essere tenuti tramite videoconferenza né delegando il suo voto» secondo la sentenza. «L'investitura di un candidato senza l'autorizzazione giudiziaria pertinente non può andare avanti». I 12 magistrati hanno preso la decisione dopo una sessione plenaria che è durata oltre sette ore. Il governo centrale spagnolo ha accolto con favore la sentenza della Corte costituzionale.

Lui - da parte sua - ha già detto che chiederà alla magistratura l'autorizzazione a esserci.

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