Politica

Cav irritato con la Lega per la partita deleghe: "Non si impone su M5S"

Ed è frenata anche sull'idea del partito unico: "Senza i voti azzurri, Matteo al Sud è perduto"

Cav irritato con la Lega per la partita deleghe: "Non si impone su M5S"

Matteo Salvini gli aveva giurato che sulla delega alle Telecomunicazioni avrebbe puntato i piedi. E invece Silvio Berlusconi vede che se la terrà Luigi Di Maio. «É un brutto segnale - ragiona il leader di Forza Italia-, vuol dire che fa tante promesse ma non ha la forza di imporsi col M5S».

La delusione, per il signore di Arcore, conferma che non ci si può appiattire sull'alleato leghista, ma bisogna distinguersi, fare opposizione al governo giallo-verde, anche senza strappi nella coalizione. Per questo ha lanciato L'Altra Italia nella lettera al CorSera di lunedì. Il Cavaliere legge i risultati delle amministrative e rivendica il contributo di FI nel successo del centrodestra. É convinto che ci sono praterie da occupare, tra liste civiche e astensionismo. E pensa che il Carroccio abbia sempre bisogno di FI e della coalizione, visto che sotto Roma registra numeri bassissimi. Il Cav, che oggi sarà a Roma, potrebbe andare personalmente, prima dei ballottaggi, in alcuni comuni come Terni, Viterbo, Messina. «FI è il partito trainante del centrodestra al Centrosud - dice al Corriere della Sera Antonio Tajani, presidente dell'Europarlamento-. Pensiamo che la coalizione sia la strada per vincere, che l'unità sia un valore, e noi continuiamo per la via che non abbiamo mai cambiato. Ma ci muoviamo anche da soli. Perché sappiamo di non poter essere sottovalutati da nessuno. E che, per noi, esiste un grande spazio di consenso». Suona come un avvertimento a Salvini.

Per l'ex-premier il governo Conte ha due prospettive: o va avanti 2-3 anni rafforzando l'asse Salvini-Di Maio e affossando il centrodestra o arriva alle Europee di primavera e poi le contraddizioni esploderanno e l'alleato leghista staccherà la spina. Scommette sulla seconda ipotesi, il Cav, e lavora al rilancio del partito. «Al pranzo di lunedì - racconta Adriano Galliani, agli altri deputati azzurri - ho visto Silvio motivatissimo». Anche ieri a villa San Martino attorno al tavolo c'erano esperti della comunicazione e la capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, per discutere su come costruire L'Altra Italia. Il leader ha contatti con diverse personalità esterne a FI, che vorrebbe coinvolgere nella Consulta per selezionare la nuova classe dirigente. In questo momento, da un lato frena chi vorrebbe sganciarsi dalla Lega per un progetto moderato sul solco del Ppe e, dall'altro, chi vorrebbe il partito unico. Vuole accentuare l'identità di FI, differenziandola sempre più dal Carroccio. «Altrimenti - spiega uno dei suoi fedelissimi- tra l'originale e la copia l'elettore sceglie il primo. FI è doubleface, a Sud tiene e guida la coalizione, ma a Nord si sta liquefacendo, o meglio leghizzando. La moderazione lì non paga». Al governatore ligure Giovanni Toti, che insiste sul partito unico del centrodestra, la capogruppo di Fi alla Camera Mariastella Gelmini replica: «Sono contraria, perché non avrebbe alcun senso politico. FI affronta un momento di difficoltà soprattutto al Nord, perché al centro e al Mezzogiorno siamo il primo partito della coalizione e in alcuni casi abbiamo 2-3 volte i voti della Lega. Sarebbe sbagliato ridurre l'offerta politica ad un unico partito». Dentro FI sono convinti che l'Opa di Salvini non sia riuscita, anche se i timori non mancano. «Il centrodestra - dice il deputato azzurro Andrea Ruggieri- è una corazzata che sbaraglia da Nord a Sud.

Serve un ultimo sforzo per vincere i ballottaggi».

Commenti