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Cdp, 700 milioni su Telecom per fermare l'attacco francese

Da Mediobanca a Mediaset, la campagna d'Italia dura da anni Ma ora, da M5s a FI, c'è il consenso per un intervento pubblico

Cdp, 700 milioni su Telecom per fermare l'attacco francese

L'attacco francese a quel che resta dei poteri economici e finanziari italiani è in corso da anni. Colpevolmente gli ultimi governi hanno lasciato correre. Solo negli ultimi mesi il ministro Carlo Calenda ha tentato di porre un freno. Ora si muove la Cassa Depositi e Prestiti, unica holding a controllo pubblico che può disporre di ingenti risorse finanziarie grazie alla gestione dei 240 miliardi del risparmio postale, quindi privato. E paradossalmente lo fa nel momento più impensabile, in assenza di un esecutivo in carica e all'indomani di elezioni che non hanno prodotto una maggioranza di governo: la Cdp è pronta a investire 700 milioni per comprare fino al 5% di Telecom.

Un'operazione che, sulla carta, ha del fantafinaziario: lo Stato torna a investire nella ex Sip a 20 anni dalla sua privatizzazione. E perché lo fa? Sullo sfondo di un'operazione industriale che porti alla nascita di un'unica rete in fibra ottica, (mettendo insieme la rete Enel-Cdp con quella di Tim) in realtà si giocano altre partite. Tra cui, per l'appunto, quella della difesa della nostra economia e della sicurezza nazionale dall'attacco dei capitali e dei manager d'oltralpe.

Negli ultimi 10-15 anni l'avanzata dei francesi è stata arrembante. È partita da Mediobanca, cioè dallo snodo della grande finanza italiana, dove il gruppo di Vincent Bolloré ha ereditato le relazioni del secolo scorso tra Enrico Cuccia e la Lazard per trasformarle in una posizione da cui sfruttare tutte le fragilità del debole capitalismo nostrano. Obiettivo (mai dichiarato): le Assicurazioni Generali, unico polmone finanziario nazionale di dimensioni europee.

Negli anni la ragnatela transalpina si è infittita sempre più, fino ad arrivare al controllo di Telecom da un lato e all'assedio di Mediaset dall'altro, entrambe per opera dello stesso Bolloré tramite il gruppo Vivendi; e all'occupazione di caselle strategiche quali la guida delle Generali con Philippe Donnet, manager vicino a Bolloré, e quella di Unicredit con Jean Pierre Mustier, a sua volta amico di Donnet. Il tutto assume ancora maggior suggestione se si ricorda che Unicredit e Bolloré sono i primi due soci di Mediobanca che, a sua volta, è determinante nel controllo di Generali. Completa il quadro la cessione, avvenuta lo scorso anno, dei fondi di Unicredit (oltre 220 miliardi in gestione, gruppo Pioneer) ai francesi di Amundi (Societe Generale, da dove proveniva Mustier), che hanno bruciato le Poste (poi ritiratesi): un'operazione che permette oggi ai fondi azionisti di Telecom (riuniti in Assogestioni) di esercitare il proprio peso con scelte che possono favorire Vivendi; anche in contrapposizione con Intesa, che nello scacchiere rimane sì neutrale, ma in realtà è il grande potere finanziario rimasto a controbilanciare l'avanzata francese. Ecco allora che nella vicenda Telecom la contrapposizione Italia-Francia è arrivata al limite.

E per fermare lo strapotere di Vivendi in Telecom, società privata che controlla però un asset strategico come la rete tlc, esercitato con l'aggravante di metodi poco rispettosi delle prassi istituzionali, è arrivata la Cdp. Avendo alle spalle non un governo, perché non c'è, ma un consenso politico straordinario: l'operazione piace a M5s perché la rete unica nazionale è nel suo programma; al Centrodestra e a Forza Italia in particolare perché funzionale a difendere il mondo Mediaset di Vivendi; al Pd di Calenda, che da mesi si batte per la rete Telecom; alla stessa Cdp, che potrebbe valorizzare i propri investimenti in Open Fiber; e infine alle Fondazioni, azioniste di Cdp al 16% e guidate dal primo socio di Intesa, Giuseppe Guzzetti, presidente Cariplo.

La battaglia si giocherà nell'assemblea Telecom del 24 aprile. Vivendi si difenderà con i denti Tanto che i suoi legali avrebbero ieri elaborato la mossa anti Cdp: l'attuale reggente Franco Bernabé potrebbe aprire l'assemblea con una mozione che contesta la proposta di sostituzione dei sei consiglieri di Vivendi, presentata da Elliott e appoggiata da Cdp. Tale sostituzione sarebbe inefficace perché mira a modificare un assetto determinato dal voto di lista. Quindi inammissibile.

L'ipotesi al vaglio dei consulenti del gruppo.

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