Cronache

Chiavari, freddato l'ex collaboratore di giustizia

La vittima, 70 anni, ora faceva il gioielliere. Ucciso mentre raggiungeva l'auto in un parcheggio

Chiavari, freddato l'ex collaboratore di giustizia

Centrato con un colpo di pistola. È morto così Pino Orazio, siciliano di 70 anni, ex collaboratore di giustizia. Il corpo dell'uomo, che faceva l'orefice, giaceva sull'asfalto accanto alla sua auto ferma nel parcheggio multipiano di un supermercato in corso Dante, a Chiavari, in provincia di Genova.

A lanciare l'allarme martedì sera è stato un passante, che ha notato il cadavere e ha chiamato i soccorsi. Si è pensato in un primo momento che Orazio fosse morto per un malore, ma quando hanno girato il corpo il medico legale ha trovato un piccolo forellino sulla nuca.

Il cadavere è stato portato all'obitorio del San Martino per essere poi sottoposto ad autopsia affidata ai medici legali Francesco Ventura e Gian Luigi Bedocchi. Il settantenne aveva insieme alla figlia un'oreficeria nel Caruggio e l'altra sera, dopo aver chiuso il negozio, si stava incamminando verso il supermercato per salire sulla sua auto, una vecchia Mercedes. Ma non ha fatto in tempo ad aprire la vettura, che qualcuno gli ha sparato da una distanza di 5-6 metri. Gli investigatori, che hanno compiuto il sopralluogo, hanno trovato il marsupio dell'uomo con ancora i soldi. In queste ore gli inquirenti stanno visionando le immagini delle telecamere di sorveglianza del supermercato e stanno ascoltando diverse persone, che potrebbero aver visto qualcosa di strano nell'arco che va tra le 20 e le 21, presumibile orario dell'agguato.

Il movente potrebbe essere quello di una vendetta per la sua attività di collaboratore, mentre è meno probabile l'ipotesi di tentata rapina.

Pino Orazio era un collaboratore di giustizia di peso e la sua testimonianza aveva permesso di ricostruire le fasi più sanguinose della guerra di mafia a Catania negli anni Novanta. Era personaggio di spicco della famiglia mafiosa di Giuseppe Pulvirenti detto «u Malpassotu» e aveva ricoperto il ruolo di capo della «squadra» di Misterbianco (Catania) in contrapposizione con la cosca di Mario Nicotra. Era vicino al clan di Nitto Santapaola nel quale avrebbe organizzato anche epurazioni interne ed era stato protagonista di decine di agguati.

Due settimane fa aveva chiuso i conti con la giustizia e dal 2009 era uscito dal programma di protezione concordando una «liquidazione» economica che aveva investito nella sua attività commerciale e con la società Isola preziosa gestiva una gioielleria con alcuni punti vendita.

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