Cronache

La Chiesa povera caccia i mercanti dal tempio

Il Papa ha detto con forza che "le chiese non possono essere affariste" e che "la redenzione di Dio è gratuita". Il riferimento era ai tariffari dei sacramenti che a volte si trovano affissi all'ingresso delle chiese

Papa Francesco in udienza generale  il 12 novembre 2014
Papa Francesco in udienza generale il 12 novembre 2014

La riforma della Chiesa di papa Francesco procede senza titubanze. Senza margini per le interpretazioni. Tre giorni dopo la sua nomina, il 13 marzo 2013, quando pronunciò quel «Come vorrei una Chiesa povera per i poveri», si capì subito che quello sarebbe stato uno dei cardini del suo magistero. La purificazione del Tempio di Bergoglio è un obiettivo chiaro, perseguito in modo sistematico. La Chiesa deve fare pulizia al suo interno. Senza se e senza ma. Lo si è visto anche per la pedofilia. Il cedimento alle sirene del dio Mammona è un altro campo nel quale il Papa latinoamericano non accetta compromessi. I primi a doversi convertire sono i cristiani, a cominciare dai ministri del culto e i sacerdoti sensibili alle logiche della mondanità. Ma le resistenze non mancano. E nemmeno le zone grigie di una Chiesa ancora lenta a cambiare. Le offerte per la somministrazione dei sacramenti, nelle abitudini di tanti parroci stabilite da listini, sono una di queste aree di ambiguità. Lungi dal volersi contrapporre al magistero petrino, il cardinal Bagnasco le vede come «un modo per contribuire alle necessità materiali della Chiesa». Ma per quanto si precisi, c'è la sensazione che l'impegno di Bergoglio abbia ancora bisogno di tempo.

Nell'omelia alla Domus Santa Marta di ieri, commentando l'episodio evangelico in cui Gesù caccia i mercanti dal Tempio, il Papa ha detto con forza che «le chiese non possono essere affariste» e che «la redenzione di Dio è gratuita». Il riferimento era ai tariffari dei sacramenti che a volte si trovano affissi all'ingresso delle chiese. Anche in passato Francesco aveva mostrato la sua allergia nei confronti di una Chiesa imprenditoriale. Nell'aprile 2013, poche settimane dopo l'elezione, celebrando messa al mattino davanti agli impiegati dell'Istituto Opere Religiose aveva detto: «Ci sono quelli dello Ior, scusatemi eh, tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma sono necessari fino a un certo punto». Un paio di mesi dopo, sempre durante un'omelia a Santa Marta, disse che «San Pietro non aveva il conto in banca». E quando dovette pagare le tasse «Gesù lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce per pagare». Passarono altri due mesi e nominò padre Konrad Krajewski Elemosiniere pontificio dicendogli: «Non sarai un vescovo di scrivania. Ti voglio sempre tra la gente. Tu dovrai essere il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati, agli ultimi». Ieri Bergoglio ha ribadito la sua contrarietà verso lo «scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità».

La sua critica alla Chiesa ricca non va intesa, però, innanzitutto come una scelta pauperista, quasi di natura socio-politica. Una preferenza di classe, come alcuni potrebbero male intendere. È, piuttosto, la preoccupazione di non dare scandalo, il desiderio di una Chiesa pulita, trasparente, lontana da tentazioni terrene. Una Chiesa che si fa carico dei diseredati perché è solo Dio, la cui salvezza è gratuita, ad animarla. Su questo punto nel magistero papale non ci sono sfumature: «O rendi il culto a Dio vivente, o rendi il culto al denaro», ha ribadito.

L'alternativa è secca, come lo è la cacciata dei mercanti dal Tempio: un gesto di purificazione.

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