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Ci dicevano: "Le piccole donazioni? Ridicole"

L'esperienza di Martina: «Lavorare per queste agenzie è come vendere al mercato»

Ci dicevano: "Le piccole donazioni? Ridicole"

Roma - «Sono rimasta molto delusa dal mondo del no-profit, dietro il quale si nascondono tante persone senza scrupoli, che non nutrono alcun interesse per i contenuti per cui raccolgono i fondi». A parlare è Martina, ex dialogatrice di Ong, che si dice profondamente disillusa da quella realtà.

La giovane romana, che come altri ragazzi ha inseguito il sogno di iniziare una carriera nella cooperazione partendo dal gradino più basso scontrandosi con una realtà molto diversa da quella immaginata, è un fiume in piena e sembra quasi che aspettasse di poterne parlare e liberarsi. «Di solito i ragazzi non durano più di qualche mese, perché difficilmente si riesce a raggiungere il numero di contratti firmati richiesti, ma tanto poi c'è sempre qualcuno che prende il tuo posto, il ricambio è continuo. Così, ogni volta si ricomincia da capo con ragazzi nuovi e forse sempre meno coinvolti e appassionati alle tematiche della cooperazione. E questo lavoro, svuotato di contenuto, è un po' come vendere ad uno stand del mercato della frutta».

La visione aziendale del face to face, poi, non sembra essere molto diversa da quella che viene inculcata nei call center, ennesimi tetri luoghi di lavoro in cui l'inventario dei riti motivazionali per garantire migliori prestazioni è variegato e stravagante.

«In alcuni briefing quotidiani - continua la venticinquenne - i responsabili parlavano di quanto fosse bello fare soldi ed ottenere grosse donazioni, a dispetto delle più piccole definite ridicole». A dire il vero, il mondo dei telefonisti e quello dei dialogatori sembrano speculari varianti di una nuova concezione di lavoro, in cui è necessario l'utilizzo strumentale dell'empatia, richiesta come dote da affinare per convincere più che per sensibilizzare.

«Sarebbe bello fare ciò in cui si crede coscientemente e farlo nel terzo settore - confessa Martina - Ho conosciuto anche altri ragazzi che fanno o hanno fatto il mio stesso lavoro e insieme ci siamo confrontati trovando alcune sostanziali differenze. La principale è che quando non c'è il contatto diretto con le agenzie, difficilmente qualcuno viene emarginato per scarsi risultati o spinto a migliorarli, rendendo così molto più autentico ed etico il lavoro che si svolge.

In tutti gli altri casi, però, la situazione è molto diversa».

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