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Cicchitto e Formigoni provano a mediare, ma Quagliariello non arretra

RomaNell'Ncd, pronto a esplodere, volano gli stracci. Emergono tutte le contraddizioni di un partito senza bussola e nessuno scommette un euro che Alfano riuscirà a scongiurare la scissione. Anzi, si dice che Quagliariello abbia già i numeri per formare un gruppo autonomo; almeno al Senato dove sono sufficienti 10 senatori. Con le valigie in mano, assieme all'ex coordinatore Ncd, ci sarebbero Andrea Augello, Carlo Giovanardi, Ulisse Di Giacomo e forse Nico D'Ascola. Determinanti saranno le ex leghiste vicine a Tosi, Emanuela Munerato, Patrizia Bisinella e Raffaella Bellot. Anche così, però, non si arriverebbe a dieci. Voci di palazzo, però, raccontano di un imminente «scippo» di un senatore appena accasato con Verdini. Ore frenetiche, da suk algerino, che hanno l'effetto di rimescolare l'immescolabile. Esempio: Quagliariello e Fitto, in nome dell'antirenzismo, adesso si cercano, si consultano, si consigliano. Prima, i due, quando alloggiavano sotto lo stesso tetto del Pdl si sono sempre detestati. Ma tant'è.

Di fatto, dopo la bomba tirata da Quagliariello, il partito rischia di franare completamente. Alfano rimane fermo sul «non trattengo nessuno»: chiusura totale al dibattito interno, quindi. Per ora sono i colonnelli a cercare di fermare il redde rationem. Cicchitto chiede «quanto prima la convocazione della direzione nazionale dell'Ncd non per polemizzare al nostro interno ma per una riflessione seria su quello che è avvenuto e specialmente sulle prospettive del futuro». Lupi, invece, tace. Troppa delicata la sua posizione: il suo nome gira come candidato a sindaco di Milano. Perché bruciarsi in una rissa interna? Di fatto, però, Angelino non è affatto amato in Lombardia e anche in quella Regione ci si aspetta una fuga verso altri lidi da parte di alcuni amministratori locali. In stand by altri alfaniani, attenti alle poltrone prima di fare mosse azzardate. Formigoni e Sacconi, infatti, attendono di sapere se verranno confermati presidenti delle commissioni Agricoltura e Lavoro.

Quagliariello non molla: «Alfano è stato molto duro. Mi sembra che abbia detto che non si discute, ora vediamo se questa opinione cambia, discuteremo. Se no troveremo una sede nella quale chi la pensa come me si possa esprimere». E ancora: «La mia non è una operazione di palazzo». Gli fa eco Giovanardi che sottolinea i mal di pancia nei confronti di Renzi: «Sinceramente cosa sia oggi Ncd non si capisce: dopo i circoli fatti nel 2013 non è stato fatto più niente. Se ci sono le condizioni faremo anche un gruppo autonomo: siamo più di 10. Non siamo utili idioti di Renzi e i sondaggi ci danno al 2%: non vogliamo fare la fine di Casini e Fini».

Per la sua collega (per ora) di partito, Bea Lorenzin, invece, la colpa «è di Quagliariello che non ha spiegato bene che le riforme di Renzi sono liberali». E poi: «Con un Italicum con il premio alla coalizione dovremmo presentarci assieme a Renzi».

Botte da orbi all'orizzonte.

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