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Dalla Cina al petrolio: il Fmi teme la crisi globale

Il Dragone frena e non si prevedono risalite del greggio. Il Fondo: "Rischio deragliamento"

Dalla Cina al petrolio: il Fmi teme la crisi globale

La frenata cinese, uno tra i principali elementi di preoccupazione a livello globale, è ora messa nero su bianco da Pechino: nel 2015 la crescita del Dragone è stata del 6,9%. È il peggior risultato degli ultimi 25 anni. Andrà meglio quest'anno? Nel suo ultimo World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale si mostra scettico sulle capacità dell'ex Impero Celeste di ritrovare uno slancio vigoroso. Anzi. Le stime, invariate rispetto alla pubblicazione di ottobre, sono di un +6,3% a fine dicembre e un +6% per il 2017. Insomma, per almeno altri due anni, addio ai tassi di sviluppo a due cifre. Un rallentamento destinato a condizionare l'economia globale, che non andrà oltre un'espansione del 3,4% quest'anno e del 3,6% nel 2017, due percentuali limate leggermente rispetto alle stime di qualche mese fa. Quanto all'Italia, è confermato un aumento del Pil pari all'1,3% nel 2016 e dell'1,2% nel 2017, numeri comunque più bassi rispetto alle stime del governo che, nella nota di aggiornamento del Def, ha previsto una crescita dell'1,6% quest'anno.Nonostante il lieve aggiustamento all'outlook mondiale, l'organizzazione guidata da Christine Lagarde sottolinea che la situazione potrebbe peggiorare. Il Fondo elenca cinque rischi: un andamento più debole del previsto in Cina; un ulteriore apprezzamento del dollaro; condizioni di finanziamento più strette che potrebbero accentuare le vulnerabilità dei mercati emergenti; un improvviso picco dell'avversione al rischio; un'escalation delle tensioni geopolitiche, in grado di colpire la fiducia e provocare interruzioni nel commercio globale, nel turismo e nei flussi finanziari. Di qui il monito: se queste sfide «non vengono gestite con successo, la crescita globale potrebbe deragliare». La ricetta proposta per governare un momento delicato ed evitare il pericolo di una fase prolungata di bassa crescita ricalca modelli cari al Fondo, nella parte in cui si sollecitano le riforme strutturali. Ma il rapporto invita a mettere in campo anche politiche che possano favorire la domanda e raccomanda alle banche centrali di non rimuovere le politiche accomodanti in presenza di bassi livelli di inflazione. Inoltre, dove le condizioni lo consentono, suggerisce ancora il Fmi, «la politica di bilancio di breve termine dovrebbe sostenere maggiormente la ripresa, attraverso investimenti in grado di aumentare il capitale produttivo futuro».Quanto al petrolio, altra spina nel fianco dei mercati, l'organizzazione di Washington non prevede una risalita delle quotazioni.

Nel 2016 i prezzi dovrebbero al contrario scendere del 17,6%, un dato di 15,2 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione di ottobre, mentre nel 2017 viene ipotizzato un rimbalzo, con un aumento delle quotazioni del greggio del 14,9%, +4,9 punti percentuali rispetto alla stime autunnale.RPar

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