Politica

La Cina rimbalza dopo il tonfo grazie alla «manina» dello Stato

Il governo sospende il 50% dei titoli, taglia le commissioni e immette liquidità sui mercati. E la piazza chiude in rialzo

Pechino ha ordinato di mettere fine alle vendite dettate dal panico e i listini hanno obbedito. Ieri infatti, dopo giorni di caduta libera, è stato apparecchiato il rimbalzo di Stato grazie a una serie misure drastiche e, talvolta, anche piuttosto inusuali. Lo Shenzhen Stock Exchange ha recuperato il 3,7%, lo Shangai Stock Exchage il 5,7% e l'Hang Seng Composite il 5,4%.

Altro che Ue e crisi greca. La Repubblica Popolare Cinese ha dato una risposta immediata all'ondata di panico che si è propagata nell'ultimo mese con i listini in caduta verticale di oltre trenta punti percentuali, con oltre 3.500 miliardi di capitalizzazione in fumo (15 volte il Pil greco) e una piazza che l'altro ieri è rimasta paralizzata, con il 72% del listino sospeso dalle contrattazioni: ai manager e agli azionisti con oltre il 5% del capitale societario è stata interdetta la vendita di titoli per i prossimi sei mesi, mentre i colossi pubblici sono stati caldamente invitati ad acquistare a mani basse azioni proprie sul listino così da stabilizzare i prezzi di borsa. Coinvolta anche la polizia di Stato, chiamata ad indagare sulle «speculazioni sospette». Largo quindi al rimbalzo, con la speranza che riduca la portata «atomica» prodotta dalla deflagrazione della bolla che, in questi ultimi giorni, ha fatto tremare il pianeta. Gli esperti buttano acqua sul fuoco sottolineando che l'economia reale cinese (quella da cui dipendono molte realtà internazionali, italiane comprese) è abbastanza «sconnessa» dai mercati finanziari e dalla speculazione innescata sui listini prima con un memorabile rally (+150% in un anno) e poi con il clamoroso tonfo.

Pechino ha comunque mostrato una chiara determinazione a evitare il peggio, «con una serie di azioni senza precedenti» come ricorda Fabrice Jacob di JK Capital Management: l'autorizzazione alla sospensione dalle contrattazioni di 1.429 titoli (il 50% delle azioni quotate), le iniezioni di liquidità, la costituzione di appositi fondi di pronto intervento, il caldo invito a fondi e assicurazioni ad acquistare titoli sul mercato, il taglio del 30% sulle commissioni di trading e l'impegno da parte di Huijin (istituzione governativa a cui fanno capo partecipazioni negli istituti finanziari) ad acquistare Etf. Per Massimo Siano, capo del Sud Europa per Etf Securities la svolta fondamentale messa in atto in questi giorni dalle istituzioni cinesi è un'altra: «L'aumento di quote Qfii (Qualified Forign Institutional Investor) fino 150 miliardi di dollari dai precedenti 80. In poche parole la Cina sta aprendosi al mondo allargando sempre più le quote di acquisto per gli investitori stranieri».

Insomma, mentre il mondo finanziario sta ancora tentando di capire le ragioni di questa ondata di panico senza precedenti, Pechino ha preso in mano le redini della situazione. Certo è presto per capire se queste misure draconiane saranno o meno sufficienti. I punti interrogativi sul rimbalzo e, soprattutto, sulla pericolosità dello scoppio della bolla cinese rimangono.

Ma intanto un rimbalzo c'è stato.

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