Quirinale 2015

Clima di paura in Aula. Renzi fa segnare le schede per poter controllare tutti

Da "Mattarella S." a "On. Mattarella", ogni voto è riconducibile a un gruppo. Un sistema imposto dal premier contro i franchi tiratori

Clima di paura in Aula. Renzi fa segnare le schede per poter controllare tutti

Il dolce stil novo è quello sguardo furtivo che sbircia rapace sull' iPhone del vicino di banco, il collega di partito che misura i secondi d'entrata e uscita dal «catafalco» di votazione, la stretta di mano che dice e non dice. Occhio allo spoglio, l'altro teso all'indietro: mancano una decina di minuti all'una e tra i banchi di Montecitorio l'ansia divora il tempo. Si snocciola il variopinto rosario di On. S. Mattarella e Sergio On. Mattarella . Le possibili declinazioni arrivano a undici, l'indoeuropeo ne aveva otto, ma qui siamo nel campo del sanscrito vedico e relative forme dialettali.

Dal settore di sinistra scatta il primo applauso quando l'eligendo presidente è a quota 461, e viene sopito dagli «sss» di quelli centrali. Attesa spasmodica che cresce fino ai 489, quando è un gruppetto nell'emiciclo a tradire la tensione. Qualcuno ci casca di nuovo, ma l'errore di calcolo è evidente. Le 12.58 diventano il count-down di Capodanno, «5-4-3-2...». Scatta finalmente l'applauso dei 505 voti (alla fine saranno 665). Battimani liberatorio, insistito, anzi cadenzato, duro a morire, perché ha per tutti il sapore della sopravvivenza e dell'uscita dall'incubo, quello di due anni fa e quello più recente. «Eravamo marcati a uomo, peggio del Padova di Rocco. Che dico, come il nostro Bruscolotti dei tempi d'oro», scherzerà il socialista napoletano Marco Di Lello.

Moriremo democristiani, ormai non v'è più dubbio. Il cosiddetto «capolavoro di Matteo» si avvera sotto i nostri occhi. Un lavoro certosino, scientifico, terroristico se non fosse che alla fine dona la stessa serenità della sindrome di Stoccolma. «Tutto è bene quel che finisce bene», per condensarla nelle parole di Angelino Alfano. Che è lì, attorniato dai suoi, in prima fila: applaude spasmodico con le mani bene in alto e nel frattempo guarda oltre, verso l'aldilà (tutt'altro che spirituale: il suo futuro). Il capogruppo piddino Speranza è una trottola umana che applaude mentre rotea e stringe mani. Si sbraccia anche la Polverini; Formigoni esulta a braccia alzate come per un gol. Napolitano sarà tra i primi a cominciare e l'ultimo a finire.

Ogni voto è di sicura griffe : semplice e senza ghirigori per quelli di casa (Pd, Psi, Sc e misti di maggioranza). Firme barocche per gli altri: i Nazareni di Verdini portano una trentina di ospiti, Ncd è quasi a ranghi completi, il codice coniato per Sel piace a due in più e c'è persino il fregio singolo: Mattarella On. Sergio (l'insperato pentito Roquito Buttiglione?). L'arzigogolo On. Prof. Sergio Mattarella spetta a un paio di grillini in presumibile fuga. L'organizzazione funziona come orologio svizzero, ma è made in Florence . «Operazione più da commercianti che da politici», lamenterà il grillino Fico in cerca di scusanti perché non ha visto palla.

Dal terrore di non farcela alla certezza di «segnalarsi», e segnalandosi entrare nel canale giusto. La filodiffusione del dolce stil novo è contagiosa, anche se richiede di guardarsi sempre alle spalle. «C'era tanta preoccupazione, e di gufi ne ho avvistati anche oggi. Il premier è un fuoriclasse... È vero, ci ha reso tutti un po' più guardinghi», sottolinea il vicecapo del gruppo Autonomie, Vittorio Fravezzi, trentino che pure deve convivere con sudtirolesi che «amano molto gli italiani leali». «Renzi è uno che t'abbraccia, ti bacia, ti circonda, ma nel frattempo t'ha già preso il portafogli», spiega amaro il fittiano Capezzone. «Se questo era il suo esame di laurea, l'ha passato a pieni voti», proclama l'antesignano dei turlupinati, Lapo Pistelli, che dette luce al genio fiorentino. Ora ha imparato, ride e sta al gioco, la politica è questa. Fa mo a fidasse , insegna la sua storia ancora in attesa di ricompensa.

Appunto, si fa come se.

Commenti