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Colori, elmetti e amuleti Così Gucci gioca d'azzardo

Sfilata da concerto rock con Alessandro Michele Il minimalismo di lusso da Alberta Ferretti

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«Vi voglio ipnotizzare, stregare, catturare. Mi voglio perdere nel mondo del possibile e in quello dell'impossibile, in una specie di carosello che scioglie dai legami del tattile e del verificabile. Questa sorta di iper illuminismo in cui viviamo alla fine uccide la poesia». Alessandro Michele è un fiume in piena a due ore dalla sfilata Gucci per la Primavera/estate 2018 che ieri ha dato il vero calcio d'inizio alla settimana della moda milanese. L'immaginifico designer romano tenta di raccontare il suo processo creativo che sfugge a ogni logica e non si sintonizza mai su un solo racconto ma si nutre di ossessioni, suggestioni, sortilegi momentanei e profonde sedimentazioni. I numeri gli danno ragione perché da quando il Ceo Marco Bizzarri l'ha nominato direttore creativo, Gucci aumenta ricavi e profitti come la Apple ai tempi di Steve Jobs. Tanto per dare un'idea il brand ha chiuso il primo semestre 2017 a 2,8 miliardi di euro con una crescita di fatturato del 43 per cento mentre il margine operativo lordo a 907 miliardi raggiunge quasi il 70 per cento di aumento.

Se i tassi di crescita si mantengono costanti, la griffe delle due G rischia di chiudere l'anno con un astronomico fatturato che oscilla tra 5.4 e 5.6 miliardi di euro. Certo per noi poveri tapini che dobbiamo raccontare cosa abbiamo visto ieri in passerella è un bel problema: c'era di tutto, compresa un'assurda luce da concerto rock che rendeva appena percettibili forme, colori e i ricchissimi dettagli. Tra questi ricordiamo delle stupende collane-amuleto con unghie o denti di tigre oppure con gli scaramantici fili di corallo che anche nei dipinti di Piero della Francesca stanno al collo di lui. Ricordiamo anche delle meravigliose scarpette glitterate per lei e un'abbacinante ensemble di calze e body interamente punteggiati da cristalli. Di tutte le 107 uscite (63 donne e 44 uomini) ci sono rimasti indelebilmente in testa un'elegantissima tuta pantaloni per lei verde mela e con grosso logo sulla cintura, due o tre completi da uomo sorprendentemente normali, lo stesso sublime blouson interamente coperto di paillette che sfoggia lo stilista indossato da una modella sopra un onesto tailleur a quadrettini e tutti gli abiti da sera corredati con una sorta di elmetto sberluccicante. Pare che molti pezzi siano un omaggio a Elton John con tanto di capsule collection tratta dagli archivi dell'irresistibile baronetto affettuosamente definito da noi fan «paciarotto del rock».

Poi ci sono citazioni d'ogni tipo (dalle grafiche della playstation Sega alle opere di Yuko Higuchi passando per Bugs Bunny e Biancaneve) senza dimenticare il set della sfilata che include 37 strutture tra statue e colonne, un'antica mappa dell'area in cui si trova la villa di Orazio tradotta in un percorso contemporaneo e che ha richiesto tre settimane per l'allestimento ma verrà smontato in 10 giorni. Dunque un impegno economico e immaginativo senza precedenti, ma se vuoi gettare un sortilegio sul mondo intero non ti basta la bacchetta di Harry Potter che danno con i punti fragola all'Esselunga. Devi metterci l'anima o per lo meno qualcosa che ci somiglia. Su questo punto pochi possono competere con Alessandro Dell'Acqua che stavolta si mette a nudo e non solo perché la sfilata di N° 21 comincia con 21 donne vestite di nudità, ovvero di tutte le sfumature della pelle comprese quelle dei cosmetici tipo cipria e fard. «Ho voluto riappropriarmi di cose che sono sempre state mie: il nude, i quadretti, l'estrema femminilità della lingerie e il tulle che ingabbia i capi maschili» racconta il designer che lavora dal 1982 nel mondo della moda, da 21 anni esatti firma una linea ma nonostante il meritatissimo successo di N° 21 vorrebbe tanto poter usare di nuovo il suo nome. Ecco quindi la riedizione di un modello del 1996, semplicissimo, ma con quel nulla che è tutto e che si chiama DNA. Fa un po' la stessa operazione Alberta Ferretti riappropriandosi della sua meravigliosa leggerezza e di quelle belle forme donanti che vengono esaltate dal movimento.

Un grande parka in seta e nylon, le paillette tridimensionali ricamate a mano in filo metallico, gli abiti gioiello, quelli coperti di piume, i costumi da bagno che diventano abiti da sera, le lunghe tuniche in lamè di seta: tutto parla di una donna che non è pedante ma prende molto sul serio la contemporaneità.

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