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Quella colpevole tolleranza dei «buoni»

Quella colpevole tolleranza dei «buoni»

di «Abbiamo evitato il peggio»: è soddisfatto il ministro dell'Interno Angelino Alfano per come sono andate le cose venerdì scorso nelle strade di Milano. Giacché, com'è noto, non c'è limite al peggio. E d'altra parte la stessa rinunciataria soddisfazione è stata manifestata da quei commentatori i quali, spiegandoci che contro certa gente si può fare solo azione di contenimento, non osano completare il concetto: poteva finire come col G8 di Genova. Dunque dobbiamo essere contenti e rassegnarci a vedere la città devastata in ogni manifestazione di «civile dissenso» e di «pacifica protesta» - almeno nelle intenzioni ipocritamente dichiarate. Perché qui sta il punto: ormai è chiaro che ogni corteo, anche solo di un migliaio di studenti contro la riforma della scuola, nel migliore dei casi lascia scritte e imbrattamenti dappertutto, su pareti, vetrine e portoni. Ma, quando il gioco si fa duro, consente il saccheggio ai lanzichenecchi. E allora se gli zelanti organizzatori di cortei lo sanno, perché non evitano di promuoverne in continuazione? Perché, almeno in certe occasioni, non inventano altre forme di «pacifica protesta» che non lascino spazio a black bloc e altre tribù criminali? Forse perché la devastazione finale la mettono serenamente nel conto, giacché non si spiega come sia possibile che i delinquenti vestiti di nero si «infiltrino» regolarmente e indisturbati nelle manifestazioni; dove, anzi, danno l'impressione di sentirsi ben accolti e tutelati. In cortei politici d'altri tempi vigilava sempre un attento «servizio d'ordine» e l'infiltrato, individuato, veniva energicamente convinto a desistere. Ora la sensazione, invece, è che i «buoni» siano fin troppo tolleranti con i «cattivi», se non addirittura conniventi e interessati alla loro presenza. «Abbiamo evitato il peggio», gongola Alfano: insomma non c'è scappato il morto. E neppure qualche ferito, se si escludono una decina fra poliziotti e carabinieri. Ma quelli non contano, perché dal G8 di Genova è stata attivata una sistematica campagna di denigrazione e di depotenziamento della forza pubblica, tanto che in questa occasione essere riusciti ad evitare lo scontro, anzi il «contatto fisico» con i violenti viene considerato un grande successo. E pazienza se a rimetterci sono commercianti e artigiani i cui negozi sono stati saccheggiati o incendiati (i vandali non ce l'avevano solo con le banche cattive), o decine comuni cittadini che hanno visto le loro auto andare a fuoco. Alfano e i vertici della polizia assicurano di aver fatto «un attento lavoro di prevenzione». Può darsi. Ricordo però che la lotta al terrorismo a alla criminalità organizzata è stata condotta prima di tutto infiltrando informatori nelle strutture delle organizzazioni criminali. Ora è ben noto che black bloc e consimili ( writers compresi) sono in ottimi e regolari rapporti con certi centri sociali, che li ospitano e li accudiscono amorevolmente quando dall'estero vengo in missione da noi.

Possibile che non si riesca mai a bloccarli prima? Possibile che nel paese delle intercettazioni a strascico non si riesca ad agganciare i dialoghi di questi delinquenti? C'è chi dice che ci provino, ma i risultati non si vedono.

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