Economia

Se la sinistra è costretta a copiare ricette di destra

Quando D'Alema divenne premier, nel 1998, uno dei voti a suo favore venne da Gianni Agnelli, che si giustificò sostenendo vi sono casi in cui un governo di sinistra è l'unico che possa fare politiche di destra. Le odierne vicende greche riportano alla mente quelle parole

Se la sinistra è costretta a copiare ricette di destra

Quando Massimo D'Alema divenne premier, nel 1998, uno dei voti a suo favore venne da Gianni Agnelli, che si giustificò sostenendo vi sono casi in cui un governo di sinistra è l'unico che possa fare politiche di destra. Le odierne vicende greche riportano alla mente quelle parole, soprattutto pensando al sostegno che Angela Merkel sta garantendo ad Alexis Tsipras, chiamato a mettere ordine nei conti eliminando le pensioni-baby e privatizzando numerosi asset: oggi gli aeroporti e domani (forse) le isole.

Ma a quale destra si ispireranno le scelte di Syriza, se supererà lo scoglio delle elezioni anticipate? Difficile rispondere. Le politiche che Tsipras è ora obbligato ad adottare, se non vuole rinunciare agli aiuti internazionali e se vuole restare nell'euro, mescolano elementi liberali e no. Ad esempio, i greci saranno tassati con più rigore: una scelta che non favorirà la crescita dell'economia ellenica.

L'estrema sinistra greca prende atto della realtà, ma poi non è detto che trovi le soluzioni migliori. Eppure nella stessa sinistra occidentale qualche modello di relativo successo lo si può trovare.

Solo qualche anno fa, proprio in Germania, fu il governo socialdemocratico di Gerhard Schroeder che - con la cosiddetta «Agenda 2010» - varò una riforma in cui un ruolo fondamentale giocarono le nuove regole in tema di mercato del lavoro, sostegno ai disoccupati, aiuti assistenziali. Si trattava di prendere atto che la vecchia illusione socialista che si potesse dare tutto a tutti non poteva essere tradotta in realtà. Schroeder non fu rieletto, ma l'economia tedesca trasse significativi vantaggi da quell'Agenda.

Perfino in Italia - è il caso di ricordarlo - la prima pur timida serie di liberalizzazioni fu voluta da quel Pier Luigi Bersani che oggi s'oppone a Matteo Renzi da posizioni massimaliste. Varò norme alquanto contraddittorie ed egualmente introdusse qualche spazio di concorrenza: si pensi ai farmaci o alle libere professioni.

Certo molto più rilevante e liberale fu però quanto realizzò negli anni Ottanta in Nuova Zelanda il ministro delle Finanze laburista Roger Douglas, quando eliminò sussidi alle imprese, deregolò il mercato finanziario, abolì i controlli sugli scambi con l'estero, abbassò le aliquote delle imposte dirette. La Rogernomics, come fu chiamata, portò ai neozelandesi alcune delle novità interpretate da Ronald Reagan negli Stati Uniti. Dopo quelle riforme il Paese crebbe con slancio, diventando un modello da tanti punti di vista.

Non ci si aspetti tutto questo liberismo da Alexis il Rosso e dalla sua Grecia indebitata. Ma se è stato proprio un comunista (Michail Gorbacev) a consegnare il comunismo alla spazzatura della storia, non sarebbe del tutto sorprendente se fosse un populista di sinistra (il riferimento di tutti i Podemos d'Europa, il nuovo Che Guevara schierato a difesa di welfare e spesa pubblica) a dire al mondo che esistono i sogni e poi, però, vi è la realtà.

Con cui i soggetti adulti e responsabili devono imparare a fare i conti.

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