Politica

Macché "spacciatori di paura" è la Boldrini a spacciare bugie

Il fregnacciume buonista delle sue "battaglie culturali" le serve solo a garantirsi il posto al sole della politica che miracolosamente occupa da co-co-co, a tempo determinato

Macché "spacciatori di paura" è la Boldrini a spacciare bugie

Il dubbio rimane: Laura Boldrini c'è o ci fa? Ci è o ci fa quando dice di non volere un'Europa «che rinnega i valori che l'hanno resa una grande protagonista della storia» e che dunque fa muro contro l'invasione afro-mediorientale? Quali valori? Il «Fuori i barbari!» di Papa Giulio II? Il «Cuius regio eius religio» di Carlo V, ovvero l'inviolabilità della sovranità nazionale? Quando mai nella loro storia le nazioni europee hanno spalancato le porte al «foristarius», a chi «veniva da fuori»? Quando mai hanno esteso la «cultura dell'accoglienza» - facendone addirittura un valore - a masse incontrollabili che si riversavano entro i rispettivi confini? Ci è o ci fa quando sostiene che l'aspirazione, il desiderio di «vivere in pace e in sicurezza» - magari lontano migliaia di chilometri da «contesti di guerra e regimi dittatoriali» - è un diritto? E che dunque essendo tale, noi, che si fa per dire viviamo in pace, abbiamo il dovere di accogliere e mantenere gli sfollati?

Dove il dubbio viene meno è quando Laura Boldrini, con piglio e argomenti del più smaccato dei populismi, si scaglia contro i politici «populisti». Che «spacciano» la paura - neanche che il comprensibile stato di insicurezza, di smarrimento, di ansia che genera la percussione migratoria sia uno sballo da ecstasy - per «lucrare consensi elettorali». Come se lei non spacciasse il fregnacciume buonista delle sue «battaglie culturali» per garantirsi, in fondo a sinistra, il posto al sole della politica che miracolosamente occupa da co-co-co, a tempo determinato. Ancora una volta Boldrini si rivela una virtuosa del birignao politicamente corretto su modello Niki Vendola, che non a caso le è sponsor. Tant'è che per opporsi alla «politica dei muri», a suo giudizio «moralmente inaccettabile» e «politicamente impraticabile e perdente» (ma va là! La «politica dei muri» ha una millenaria tradizione di praticabilità. E anche, il più delle volte, di vittoriosità) se ne esce con la gag: «Contro i costruttori di muri, bisogna uscire da una timorosa subalternità psicologica e rivendicare più Europa».

Suona politicamente corretto, come ogni rivendicazione di qualcosa di più. Ma che vuol dire?

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