Economia

Commercio, i saldi fanno flop. Allarme chiusure domenicali

Istat, vendite in calo a luglio. Le categorie al governo: stop ai negozi nei festivi? Via 400mila posti di lavoro

Commercio, i saldi fanno flop. Allarme chiusure domenicali

Ieri l'Istat ha certificato il flop dei saldi negli esercizi tradizionali. A luglio, infatti, le vendite al dettaglio sono diminuite su base mensile dello 0,1% in valore e dello 0,2% in volume. Ancora peggio il confronto con lo stesso mese del 2017 poiché le vendite si sono contratte dello 0,6% in valore e dell'1,8% in volume.

A sorprendere, però, è il differente andamento del business a seconda del comparto e soprattutto dell'esercente. A fronte della stasi della grande distribuzione (-0,1% annuo) e della sofferenza dei piccoli negozi (-1,5%), c'è da registrare l'ennesimo boom del commercio online (+13,6%). Il dato, perciò, fa molto riflettere se si pensa alla calendarizzazione decisa dalla maggioranza giallo-verde in commissione Attività produttive alla Camera delle proposte di legge per regolamentare le chiusure domenicali dei negozi.

Anche se la flessione delle vendite al dettaglio è il riflesso di un'economia ancora stagnante in cui il reddito disponibile pro capite, nonché il potere d'acquisto, sono ancora sotto pressione, non si può non osservare come tenere gli esercizi chiusi per legge costituisca un disincentivo a consumare. Ecco perché Confcommercio ha dichiarato che i dati di luglio sono un «campanello d'allarme» per i mesi successivi data anche la decelerazione della crescita economica e invoca moderazione nelle scelte tenendo insieme «le esigenze di imprese, lavoratori e consumatori» in modo tale che il «quantitativo minimo di chiusure rispetti il calendario delle principali festività civili e religiose». Sulla sponda opposta le associazioni dei consumatori che chiedono al governo politiche per rilanciare i consumi e di non fare passi indietro sulla liberalizzazione in quanto costituirebbe un vantaggio solo per il commercio online. A questo scopo si chiede di liberalizzare anche i saldi così come nell'e-commerce.

Anche Federdistribuzione è sulla stessa lunghezza d'onda. Con la proposta di legge sulle chiusure domenicali «si potrebbero perdere decine di migliaia di posti di lavoro» ha commentato il presidente Claudio Gradara, sottolineando che in queste imprese lavorano circa 500mila persone. «La domenica - ha precisato - è il secondo giorno della settimana di fatturato dopo il sabato. Vale comunque circa l'80-90% del sabato stesso e, spesso, il doppio di un giorno feriale. Se l'obiettivo del Governo è rimettere in moto l'economia, questa decisione va nella direzione opposta, è un ritorno al passato».

L'ufficio studi Confimprese stima che nell'ipotesi più pessimistica di 48 domeniche chiuse, «si perdono 400mila posti di lavoro». Se si calcolano, invece, le città turistiche il dato scende a una perdita di 150mila, un numero comunque allarmante. «A risentirne saranno anche l'intera filiera produttiva e gli stessi consumatori», aggiunge il presidente Mario Resca ribadendo che si tratta di una misura recessiva «perché mortifica i consumi, accresce la disoccupazione e scoraggia gli investimenti non solo stranieri ma anche del retail italiano che continua ad aprire nuovi punti vendita». «Chi crea posti di lavoro?», domanda Resca ironicamente. «Le imprese e non certo lo Stato», conclude.

Senza contare, evidenzia Federdistribuzione, che 12 milioni di italiani fanno acquisti la domenica e se si impedirà loro di spendere, il primo a giovarsene sarà proprio il web, forte anche di una penetrazione ancora limitata in Italia (21% della clientela contro il 48% della media Ue) e dunque con margini di crescita ancora elevatissimi.

Una riflessione è necessaria.

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