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Il Compromesso Storico Mattarella-Minniti mette freno agli sbarchi

L'intesa tra Colle e il ministro rosso rievoca quella degli anni '70. E blinda Palazzo Chigi

Il Compromesso Storico Mattarella-Minniti mette freno agli sbarchi

L a Cosa Rossa è esplosa da tempo e la Balena Bianca si è spiaggiata chissà dove. Lo scudo crociato è sparito, dimenticato nei cassetti di qualche notaio, e la falce e martello poi è buona solo per Marco Rizzo e i mercatini dell'antiquariato. Ma il compromesso storico no, quello è vivo e vegeto e, come si diceva una volta, lotta insieme a noi.

Un democristiano e un ex comunista, un capo dello Stato e un ministro dell'Interno. Sono loro adesso a dare la linea sugli sbarchi e le Ong, è il loro patto a reggere a galla il Paese nella dura trattativa con l'Europa sull'immigrazione e a tenere abbastanza saldo il governo in vista delle scadenze di autunno, la legge di bilancio in primo luogo. E se la determinazione di Law and Order Marco Minniti nel braccio di ferro con il suo collega Graziano Delrio ha irritato parecchi a sinistra, che dire allora della delusione che ha provocato l'iniziativa del Colle? Il presidente, si sono chiesti in molti, non era sensibile al mondo dell'associazionismo, alle preoccupazioni umanitarie del Vaticano?

Certo che lo è. Però, almeno stavolta, hanno prevalso altre motivazioni. Innanzitutto, la necessità di costruire un'armatura di calcestruzzo attorno al governo: se cade Gentiloni, sarà difficile sostituirlo ed evitare l'esercizio provvisorio di bilancio. Poi, la predisposizione naturale, quasi genetica, di Mattarella al dialogo con la sinistra responsabile. Suo padre Bernardo, deputato della Costituente e ministro per vent'anni, era un moroteo di ferro. Suo fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, venne ucciso nel 1980 dalla mafia perché voleva esportare sull'isola il modello della solidarietà nazionale.

Il capo dello Stato è dunque cresciuto a pane e compromesso storico: il bene della nazione va al di là delle ideologie e delle radici. Lo ha fatto capire a tutti lunedì quando è sceso in campo per offrire la sua «copertura istituzionale» a Minniti e aprire l'ombrello su Palazzo Chigi. Lo ha ripetuto ieri, con il suo messaggio per l'anniversario della sciagura di Marcinelle. Ecco i «motivi di riflessione» sull'ondata dei flussi, la richiesta all'Europa di «strategie coerenti» per non lasciare ancora da sola l'Italia, il ricordo delle «fatiche feconde» di quando gli immigrati eravamo noi. Mancano le convergenze parallele, ma per il resto l'armamentario di Moro c'è tutto. E tra le pieghe diplomatiche di un discorso calibrato per «recuperare» con l'associazionismo cattolico dopo lo strappo, il passaggio degno di nota è l'insistenza con cui il presidente cerca di inchiodare la Ue alle sue responsabilità. Insomma, il Colle condivide in pieno la linea del governo e del Viminale sulle, Ong, sulla missione navale in Libia, sulle richieste di maggiore impegno a Bruxelles.

In questo quadro la sintonia tra Mattarella e Minniti, tra il vecchio dc e l'ex pci, è automatica. Alla fine degli anni Settanta, gli anni di piombo, fu il comune interesse di stroncare le Brigate Rosse a far nascere l'intesa tra i due avversari storici e al governo di solidarietà nazionale quello della «non sfiducia» del Pci. E ora che i palazzi di Piazza del Gesù e delle Botteghe Oscure non contano più nulla nella cartografia politica, la storia di ripete. Il cemento è lo stesso, la sicurezza, un concetto che il ministro dell'Interno non vuole lasciare alla destra. Classe '56, figlio di un generale, entrato giovanissimo nel Pci, esperto di servizi segreti, Minniti ha una lunga esperienza di uomo ombra nella cosiddetta back diplomacy. Discreto, riservato, determinato, ex dalemiano convertito al culto di Matteo, non ha esitato a scontrarsi con renziano storico come Delrio. Amato a Bruxelles e detestato da molte Ong, niente Facebook né Twitter, adesso può vantarsi di aver ridotto gli sbarchi. Nel partito ha il ruolo che una volta aveva Ugo Pecchioli, ufficiale di collegamento ai tempi della solidarietà nazionale.

L'uomo giusto con cui fare un altro compromesso storico.

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